-2147467259|Operation must use an updateable query.

accedi all'introduzione per vedere le foto per leggere i discorsi per entrare nel forum per ordinare i video

Surat Shabd Yoga
Nome utente:
Password:
Salva password
Hai perso la Password? | Opzioni di amministrazione
 Elenco dei forum
 per essere al corrente
 "Lo straniero della Galilea" - capitolo 4

Nota: Devi registrarti per inserire un messaggio.
Per registrarti, clicca qui. La registrazione è gratuita

Grandezza della finestra:
Nome utente:
Password:
Formato del testo: GrassettoCorsivoSottolineato Centrato Inserisci collegamentoInserisci e-mailInserisci immagine Inserisci codiceInserisci citazioneInserisci lista
   
Messaggio:

* HTML Attivo
* Istruzioni Html Attivi

Modalità:
Includi firma.
Notifica via e-mail la risposta di altre persone alla discussione.
     
D I S C U S S I O N E
Amministratore Capitolo 4
Beati i misericordiosi
Russell Perkins

dal libro “Lo straniero della Galilea”

È interessante notare che la beatitudine successiva (Matteo 5, 7):

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

ha un parallelo esatto nel Talmud babilonese (Tractate on the Shabbat, 151b):

Chi ha pietà degli uomini, otterrà pietà dal cielo.

È un’altra indicazione che Gesù insegnava giudaismo spirituale o esoterico.
Come le altre beatitudini e, in generale, come gli insegnamenti dei Maestri, questo versetto non è un comandamento. Piuttosto ci viene dato uno scorcio della realtà: «Se riusciamo a fare questo, raccoglieremo un certo risultato». La benedizione opera all’interno della Legge del Karma e la annulla pure; è una caratteristica di tutte le benedizioni e degli insegnamenti dei Maestri, ma è particolarmente evidente in questo versetto.
Come funziona? Se abbiamo pietà delle persone, allora come seminiamo così raccogliamo. All’interno della Legge del Karma funziona. Allo stesso tempo, la Legge del Karma è fondamentalmente spietata. La legge del Potere Negativo dipende dall’assenza di misericordia; se si mostra misericordia, il karma non può funzionare. Nella lingua hindi il Potere Negativo viene chiamato Kal e quello positivo Dayal, che significano rispettivamente «tempo» e «misericordia». La caratteristica principale del Potere Negativo, il Signore del Giudizio, il Signore del Karma, è il tempo. La caratteristica del Potere positivo, il Creatore ultimo, la Fonte della nostra stessa essenza, è la misericordia.
Il tempo, per definizione, è crudele. Chiunque abbia vissuto anche solo per tre o quattro anni, deve riconoscere questa verità. Quando la misericordia entra nel mondo del tempo, lo manda in cortocircuito, lo mette in crisi e presenta un paradosso. Introduce un punto di vista che fondamentalmente non si concilia con il mondo del tempo; ecco perché, quando lavoriamo nell’ambito della Legge del Karma, mostriamo misericordia agli altri e iniziamo a riceverla in cambio. Allo stesso tempo, mostrando misericordia, non pretendendo ciò che l’equità o la giustizia richiederebbero, iniziamo il processo di cortocircuito o di annullamento della Legge del Karma nella nostra stessa vita; e se un numero sufficiente di noi lo facesse con costanza, potremmo annullare il karma nella vita dell’universo nel suo complesso.
Ne La Via dei Santi, p. 289, il Maestro Kirpal Singh esplora la ragione di fondo di questa situazione:

Poi viene l’amore: l’amore per l’uno e l’amore per tutti. «Ama il prossimo tuo poiché l’amore è l’adempimento della legge di Dio. Chi non ama, non conosce Dio poiché Dio è amore». Una porzione di lievito d’amore farà crescere tutta la massa e contagerà tutti quelli che vi circondano. Ancora, «l’amore perfetto rigetta la paura». Ovunque vi sia la minima paura latente, sappiate per certo che l’amore non si è ancora perfezionato in quel cuore.
È abbastanza naturale che dall’amore derivino le idee di servizio e sacrificio. L’amore crede nel dare: dare via il meglio che avete senza accettare nulla in cambio, poiché sarebbe un baratto e non amore. L’amore insegna «servizio prima di sé». «Mediante l’amore siate a servizio gli uni degli altri» è ciò che l’apostolo Paolo insegnò ai Galati, e attraverso di loro a tutta l’umanità. Se esaminiamo in modo accurato, ci rendiamo subito conto che qualsiasi servizio apparentemente svolto per altri, non è per qualcun altro, ma per lo stesso Sé che pervade ogni dove e tutto, incluso il nostro sé apparentemente individualizzato rivestito di carne e ossa. Stando così le cose, non v’è spazio per rivendicare alcun credito. Il servizio amorevole deve dunque fluire liberamente, pienamente e in modo naturale, come d’abitudine, rianimando tutti i cuori poiché tramuterà l’altrimenti triste e desolata terra in un autentico giardino dell’Eden, per il quale preghiamo così sinceramente ogni giorno, ma che vediamo allontanarsi da noi quanto più lo desideriamo.

La verità di fondo di tutte le beatitudini o benedizioni è questa: se abbiamo misericordia degli altri, otteniamo misericordia perché gli «altri» verso i quali siamo misericordiosi, sono, in realtà, noi stessi. Non c’è differenza. Quando abbiamo misericordia degli altri, abbiamo misericordia di noi stessi.
Si noti questo passaggio molto simile del discorso del Maestro Kirpal alla Terza Conferenza Mondiale delle Religioni del 1965 a Delhi. Il discorso fu pronunciato in hindi, ma fu tradotto in inglese e successivamente pubblicato con il titolo L’essenza della religione nel libro La Via dei Santi. Costituisce una parte fondamentale dell’insegnamento del Maestro. Si consideri la sua relazione con il passo sopra riportato, che originariamente si trovava in una lettera circolare inviata solo agli iniziati; è tratto da un discorso tenuto a circa 150.000 persone, tra cui leader religiosi mondiali di tutte le diverse sette:

Con il parametro dell’amore (l’essenza stessa dell’indole di Dio) cerchiamo di esplorare il nostro cuore. La nostra vita è una fioritura dell’amore di Dio? Siamo pronti a servirci l’un l’altro con amore? Manteniamo i cuori aperti agli influssi salutari che provengono dall’intimo? Siamo pazienti e tolleranti verso coloro che sono diversi da noi? Le nostre menti sono coestensive con la creazione di Dio e pronte ad abbracciare la totalità del suo Essere? Sanguiniamo interiormente alla vista degli oppressi e dei depressi? Preghiamo per l’umanità malata e sofferente? Se non facciamo nessuna di queste cose, siamo ancora ben lontani da Dio e dalla religione, non importa quanto possiamo essere assordanti nei discorsi, pii negli stereotipi, tronfi nei proclami. A dispetto di tutta la brama interiore di pace abbiamo fallito e fallito irrimediabilmente nel servire la causa della pace di Dio sulla terra. Fini e mezzi sono interconnessi e non possono essere separati gli uni dagli altri. Non possiamo avere la pace fino a quando cerchiamo di conseguirla con la guerra come mezzo e con le armi di distruzione ed estinzione. Con i germi dell’odio nei nostri cuori, le barriere di razza e colore che infiammano dentro di noi, i pensieri di dominio politico e di sfruttamento economico che penetrano nel flusso sanguigno stiamo lavorando per distruggere la struttura sociale che abbiamo così faticosamente costruito e non per la pace, a meno che non sia la pace della tomba, ma certamente non per una pace viva, nata dall’amore reciproco e dal rispetto, dalla fiducia e dalla concordia, che potrebbe andare a migliorare l’umanità e a trasformare questa terra in un paradiso per il quale preghiamo così ferventemente e predichiamo da pulpiti e palchi. Tuttavia, mentre procediamo, si allontana nel lontano orizzonte. (pp.161-162)

Ancora una volta il Maestro usa la stessa immagine del paradiso che si allontana, del giardino dell’Eden che si ritira. Ci sta lasciando perché non comprendiamo che dobbiamo avere misericordia degli altri perché sono noi stessi; quando mostriamo loro misericordia, la stiamo mostrando a noi stessi.
C’è anche un’altra dimensione di grande importanza: avere pietà degli altri implica un potere sugli altri. Di solito usiamo i termini misericordia o pietà in modo intercambiabile per quanto riguarda le persone su cui abbiamo potere. Chiediamo a chi ha più potere di noi in una determinata situazione di avere pietà di noi, e mostriamo misericordia a chi non ha il nostro stesso potere. Ovviamente questa benedizione, e l’insegnamento dei Maestri che riflette, implica che saremo molto consapevoli della nostra posizione ogni volta che avremo questo tipo di autorità sugli altri. È proprio questo il punto in cui dobbiamo essere molto attenti.
Il poeta William Blake affronta questo tema in due delle poesie più famose. La prima, L’immagine divina, è tratta da Canzoni dell’innocenza:

Pietà, Misericordia, Pace e Amore
Invocano tutti quelli che soffrono;
E a queste virtù che danno sollievo
Volgono la propria riconoscenza.

Perché Pietà, Misericordia, Pace e Amore
È Dio, nostro caro padre,
E Pietà, Misericordia, Pace e Amore
È l’uomo, suo figliolo e suo pensiero.

Perché Misericordia ha cuore umano,
La Pietà ha volto d’uomo,
E Amore l’umana forma divina,
E Pace umani abiti indossa.

Perciò sott’ogni clima, ogni uomo
Che prega quando soffre,
Invoca l’umana forma divina,
Amore, Misericordia, Pietà e Pace.

E tutti l’umana forma amar dobbiamo,
Nei pagani, nei turchi o negli ebrei;
Dove Misericordia, Amore e Pietà stanno
Lì anche Dio sta di casa.

Questa bella poesia richiama chiaramente l’insegnamento che «la misericordia ha cuore umano» e «la pietà volto d’uomo». Uno dei messaggi principali di Blake, che condivide con i Maestri, è che alla lunga Dio deve operare attraverso le persone che ci circondano. Nella poesia corrispondente, intitolata L’astratto umano, tratta da Canzoni dell’esperienza, Blake mostra come funziona di solito. I primi due versi sono particolarmente rilevanti:

Pietà non esisterebbe più,
Se non facessimo di qualcuno un Povero.
E Clemenza non ci sarebbe,
Se tutti fossero felici come noi.

La paura reciproca porta pace;
Fino a che non crescono gli amori egoistici.
Poi la crudeltà tesse un cappio,
E dispone con cura le sue esche.

La poesia prosegue descrivendo il modo in cui la maggior parte di noi è, purtroppo, per la maggior parte del tempo; e mette in luce il fatto che la misericordia e la pietà possono provenire solo da qualcuno che ha potere su una persona relativamente impotente. Se avessimo davvero misericordia, aboliremmo le distinzioni di autorità che separano gli esseri umani gli uni dagli altri, o potremmo dire le forme viventi dagli altri, poiché gli animali sono in gran parte oggetto del nostro potere o della nostra misericordia. Comunque, l’unico modo per abolire queste divisioni sarebbe che tutti mostrassero misericordia indistintamente; allora le divisioni di potere sarebbero annullate. Si creerebbe il Giardino dell’Eden o il Paradiso di cui parlava il Maestro Kirpal, la meta finale a cui tutte queste cose conducono.
Nel corso della vita ci troveremo a volte in una posizione in cui il potere sarà esercitato su di noi e a volte saremo noi a esercitarlo sugli altri. La psicologia di solito funziona in modo tale che, quando assorbiamo le conseguenze del potere altrui su di noi, lo mostriamo nei nostri rapporti con coloro sui quali abbiamo il controllo. È proprio questa la sequenza di eventi che occorre annullare. Deve fermarsi da qualche parte e può fermarsi solo nel punto in cui siamo noi a esercitare il potere. Non possiamo influenzare coloro che hanno autorità su di noi se non essendo misericordiosi con coloro sui quali abbiamo potere. Se mostriamo misericordia a coloro che dipendono da noi per la misericordia, allora, secondo la legge karmica e secondo l’annullamento della legge karmica che questo implica, coloro che hanno potere su di noi, alla fine ci mostreranno misericordia. Prima o poi lo faranno.
Tutto questo è alla base degli insegnamenti dei Maestri sull’educazione dei bambini. Il gruppo di persone su cui gli adulti hanno il potere più consistente è certamente quello dei bambini; sono soggetti ai nostri capricci, alle nostre decisioni e ai nostri desideri ogni minuto del giorno e della notte. Il Sant Bani del maggio 1990 è uno dei numeri più importanti mai pubblicati perché contiene sia il punto di vista del Maestro Kirpal sia quello di Sant Ji sull’educazione dei figli. I seguenti estratti delle lettere del Maestro Kirpal si trovano in quel numero, sebbene siano stati originariamente pubblicati in Sat Sandesh, giugno 1971:

L’educazione dei figli è un dovere virtuoso. I giovani imitano i genitori, che dovrebbero infondere pace, armonia e sobrietà conducendo una vita disciplinata e piena di beatitudine spirituale (benedizione). L’atteggiamento assertivo del caro --- mostra la grandezza della sua anima. L’autoaffermazione è un attributo innato dell’anima, che è totalmente divina in miniatura. Questo tipo di sentimento predomina nelle personalità promettenti che ereditano gli ambienti congeniali più utili per il loro progresso spirituale...

I genitori satsanghi che hanno problemi con i bambini assertivi dovrebbero tenerlo a mente. Il Maestro sta dicendo che le persone, compresi i bambini, che sono assertive, vivono nel modo in cui dovrebbero vivere. In altre parole, la loro anima si sta manifestando con precisione. Quando facciamo ciò che la psicologa Alice Miller chiama «pedagogia velenosa» – spezzare lo spirito dei bambini, insegnare loro a obbedire, insegnare loro a lasciare da parte il proprio punto di vista per conformarsi al nostro – stiamo facendo proprio ciò che il Maestro dice di non fare.
Un modo per mostrare misericordia è lasciare che l’anima degli altri si manifesti. «L’autoaffermazione è un attributo innato dell’anima, che è totalmente divina in miniatura», una condizione che è destinata ad essere. Le persone che nascono in situazioni in cui possono progredire spiritualmente, in case che permettono la crescita, saranno più assertive di altre. Il Maestro ci manda questo tipo di persone come dono. Se non sappiamo come gestire il bambino, è un’altra cosa, ma il significato del Maestro è chiaro. L’autoaffermazione predomina nelle «personalità promettenti che ereditano gli ambienti congeniali più utili per il loro progresso spirituale».

Per quanto riguarda le sue richieste, dovrebbero essere soddisfatte con amore, per quanto possibile, nella misura in cui sono legittime e rientrano nell’ambito dell’educazione. I giovani sentimenti non devono essere in alcun modo feriti. È l’amore sconfinato dei genitori per i figli a renderli audaci, coraggiosi e intraprendenti nella loro vita...

Di tutte le frasi che qualsiasi Maestro abbia detto su questo argomento, sembra la più importante. Come genitori, vogliamo entrambe le cose. Da un lato vogliamo che i nostri figli siano la copia carbone di ciò che pensiamo e siamo, dall’altro vogliamo che quando crescono siano audaci, coraggiosi e avventurosi. Il primo non produce il secondo. L’audacia, il coraggio e la volontà di rischiare sono prodotti dall’amore infinito e illimitato dei genitori per i figli. Perché è così? Perché «l’amore perfetto, l’amore infinito, l’amore senza limiti, scaccia la paura», come il Maestro ha appena citato dalla Bibbia nella lettera circolare precedente.

Devi essere una madre affettuosa e coraggiosamente severa per quanto riguarda l’amore e la disciplina verso i figli. La buona azione di sederti regolarmente con loro per ascoltare la Corrente Sonora è apprezzata e sarà vantaggiosa per la loro crescita spirituale. Ti prego di comunicare loro il mio amore.

Da notare che il Maestro non dice che i bambini non devono essere disciplinati né che devono essere lasciati liberi di fare tutto ciò che li attrae. Ci sono momenti in cui non è bene permettere ai bambini di fare tutto ciò che vogliono, e in qualche modo i genitori devono essere abbastanza saggi da stabilire ciò che è cruciale per la loro crescita e ciò che non lo è. L’importante è operare partendo dalla consapevolezza che l’autoaffermazione è un attributo innato dell’anima che è totalmente divina in miniatura, che predomina nelle persone promettenti che ereditano gli ambienti congeniali più utili al loro progresso spirituale, che le richieste dei nostri figli devono essere soddisfatte con amore e che i loro giovani sentimenti non devono essere feriti, e che è l’amore illimitato dei genitori a renderli audaci, coraggiosi e avventurosi. Se li cresciamo tenendo sempre presente questa consapevolezza, quando la disciplina è necessaria per impedire loro di fare qualcosa di autodistruttivo, sarà l’eccezione alla regola e rientrerà comunque nei limiti della misericordia.
La seconda lettera del Maestro Kirpal è per certi versi ancora più rivoluzionaria della prima:

... puoi provare a darle le cose che è incline a rubare. Ti accorgerai che quando le procurai tutto, la tendenza a ottenerle rubando sarà superata a tempo debito. Allo stesso tempo, inculca nella sua mente che le verrà fornito tutto ciò che desidera avere.

La comprensione, la compassione e la conoscenza della debolezza umana che queste poche parole rivelano non sono forse sorprendenti, considerando chi ha scritto la lettera. Dopo tutto, egli era il Maestro vivente dell’universo nel momento in cui la scrisse, e perché non avrebbe dovuto vedere le cose in questo modo? Allo stesso tempo, questo particolare passaggio lascia senza fiato perché è un esempio pratico di come avere misericordia degli altri affinché la misericordia venga data a noi. Quando trattiamo i nostri figli – compresi i figliastri, i bambini a cui insegniamo in classe, i bambini a cui facciamo da baby-sitter o qualsiasi altro bambino con cui entriamo in contatto – secondo la filosofia di questa lettera, «inculchiamo nella sua mente che le verrà fornito tutto ciò che desidera».
In questo modo eliminiamo quella che può essere definita la paura esistenziale di essere vivi, che è ciò che Mastana Ji chiama «il peccato della nascita" nel bhajan Nach Re. Eliminiamo le ragioni che spingono la persona, in questo caso il bambino, ad agire in modo apparentemente negativo e antisociale; le motivazioni di tale comportamento vengono eliminate. Quando lo facciamo, non perdiamo il bambino, che rimane legato a noi in un rapporto d’amore e di reciproca fiducia, attraverso il quale viene mostrata grande misericordia. Dobbiamo infatti renderci conto che anche i genitori hanno bisogno della misericordia del bambino. Più avanti nella vita le cose si invertiranno e quando i nostri figli saranno più grandi, avranno potere su di noi. Di solito ci daranno ciò che noi abbiamo dato loro. Se abbiamo mostrato misericordia verso di loro, loro avranno misericordia verso di noi.
La psicologa Alice Miller, già citata in precedenza, ha espresso una teoria psicologica che è alla base degli insegnamenti dei Maestri a questo proposito, e nel suo libro Thou Shalt Not Be Aware afferma un punto di vista rivoluzionario:

Se davvero esistesse un Dio amorevole, non ci opprimerebbe con divieti. Ci amerebbe così come siamo, non pretenderebbe da noi l’obbedienza, non si sentirebbe minacciato dalle critiche, non ci minaccerebbe con l’inferno, non ci riempirebbe di paura, non metterebbe alla prova la nostra lealtà, non diffiderebbe di noi, ci lascerebbe sperimentare ed esprimere sentimenti e bisogni – sicuro che questo è ciò di cui abbiamo bisogno se vogliamo imparare il significato di un amore forte e genuino, un amore che è l’opposto dell’adempimento del dovere e dell’obbedienza e che deriva solo dall’esperienza di essere amati. Non si può educare un bambino all’amore né con le botte né con parole di circostanza; nessun rimprovero, sermone, spiegazione, buon esempio, minaccia o divieto può rendere un bambino capace di amare. Un bambino a cui si fa la predica, impara solo a predicare e un bambino che viene picchiato, impara a picchiare gli altri. Una persona può essere educata a essere un buon cittadino, un soldato coraggioso, un ebreo devoto, un cattolico, un protestante o un ateo, persino uno psicanalista devoto, ma non a essere un essere umano vitale e libero. Solo la vitalità e la libertà, non le costrizioni dell’educazione dei figli, aprono le sorgenti di un’autentica capacità di amare...
I bambini che vengono rispettati, imparano il rispetto. I bambini che vengono accuditi, imparano a prendersi cura di chi è più debole di loro. I bambini che sono amati per quello che sono, non possono imparare l’intolleranza. In un ambiente come questo svilupperanno i propri ideali, che non possono essere altro che umani, poiché nascono dall’esperienza dell’amore. (pp. 96-97)

Alice Miller parla anche del rapporto dei genitori di Gesù con lui, e in questo contesto ci viene in mente che spesso Sant Ji ha detto che i suoi genitori lo hanno cresciuto con amore. Il suo articolo nello stesso Sant Bani di maggio 1990, che contiene le lettere del Maestro Kirpal, parla dell’educazione dei figli e racconta come i suoi genitori lo abbiano trattato con rispetto e amore. Proprio come i bambini che sono capaci di un’autoaffermazione che riflette gli attributi divini della loro anima, nascono in famiglie in cui hanno l’opportunità di svilupparsi spiritualmente, allo stesso modo possiamo supporre che le anime dei Maestri siano mandate in famiglie in cui i loro scopi siano realizzati.
Possiamo anche supporre che un Maestro destinato a raggiungere la perfezione nella sua vita, o addirittura nato già perfetto, seguirà le leggi della psicologia umana, poiché è venuto a condividere la nostra condizione umana. I genitori dei Maestri hanno avuto molto a che fare con il loro essere Maestri, anche se spesso i genitori non comprendono appieno ciò che sta accadendo loro. Sant Ji invoca i nomi del padre e della madre del Maestro Kirpal in molti bhajan: «Benedetto è Hukam Singh», «il sangat si congratula con Gulab Devi» perché hanno avuto un ruolo importante nella vita del Maestro Kirpal.
Non è quindi una cosa da poco allevare i nostri figli con attenzione nel modo in cui i Maestri ci insegnano. Più osserviamo i principi che hanno stabilito per noi, maggiori sono le possibilità di avere figli che saranno il tipo di adulti che vogliamo che siano: audaci, coraggiosi, avventurosi, rispettosi e amorevoli. È il nostro amore illimitato a creare queste qualità, perciò quando diamo loro amore e rispetto e li accettiamo così come sono, mostriamo loro la misericordia che ci verrà restituita. Non c’è niente di più scoraggiante e controproducente che avere figli che si rivoltano contro di noi, e può accadere fin troppo facilmente. Negli anni dell’adolescenza succede quasi per forza, ma se abbiamo mostrato loro misericordia, amore e rispetto nei primi anni di vita, c’è speranza. La necessaria differenziazione che sentono quando diventano adulti, se mitigata dal ricordo della misericordia amorevole della loro infanzia, finirà in una relazione sana. Se non abbiamo mostrato misericordia, allora? Da adolescenti sono in nostro potere e hanno più che mai bisogno della nostra misericordia; se questa non c’è, le nostre possibilità di avere una relazione adulta felice non sono alte.
L’insegnamento si applica ovviamente a chiunque o a qualsiasi cosa su cui abbiamo potere, non solo ai bambini. C’è una storia nella Tractate Ketubot del Talmud di Gerusalemme con implicazioni molto interessanti:

Per tredici dei diciassette anni in cui Rabbi Giuda Hannasi visse nelle foreste, soffrì di dolori ai denti. Ebbe mal di denti per tredici anni. Durante tutti questi anni, in Izret Israel, la terra di Israele, non ci fu nessun caso di donna morta durante il parto o di aborto spontaneo. Quale azione può avergli provocato questo dolore ai denti? Una volta, passando, vide un vitello condotto al macello, che s’inchinò e gli disse: «Maestro, salvami». Ma lui rispose: «È per questo che sei stato creato». Alla fine, quale merito causò il suo sollievo? Una volta, passando, vide delle persone che stavano per uccidere un nido di topi e disse loro: «Lasciateli stare. La sua misericordia è su tutte le sue opere». (Citazione dal Salmo 145)

Questa è l’intera storia. Passò e vide un vitello condotto al macello, che s’inchinò e disse: «Maestro, salvami». Ma lui rispose: «È per questo che sei stato creato». In altre parole, avrebbe potuto dire: «Questo è il tuo karma. Sei nato per questo. È ovvio che ti sei guadagnato questo destino in qualche modo precedente, quindi perché dovrei annullare la Legge del Karma?» Ma era ciò che gli veniva richiesto in quel momento: doveva mostrare misericordia al vitello.
A questo punto è bene ricordare che né la tradizione ebraica né quella cristiana sono responsabili dell’atteggiamento negativo, non assistenziale e utilitaristico nei confronti delle creature della natura che caratterizza la maggior parte del mondo occidentale. Il primo capitolo della Bibbia – tanto nella versione ebraica quanto in quella cristiana – invita l’umanità a non uccidere gli animali. Il comando è ripetuto in vari punti della Bibbia; è mischiato con tante altre cose, è vero, ma comunque quel primo capitolo è lì e le persone sante in tutte le religioni lo hanno capito e hanno accettato che anche gli animali contano per Dio. Il Maestro Kirpal ha applicato «amerai il prossimo tuo come te stesso» al mondo animale e ha chiesto: «Questi animali non sono forse il vostro prossimo?»
In questa storia il Talmud fa lo stesso ragionamento: voi avete potere su queste forme di vita; anche per loro è necessaria la misericordia. Quando Rabbi Hannasi si rifiutò di mostrare misericordia al vitello perché pensava di non dover interferire con il suo karma, anche lui non ebbe misericordia e dovette accettare il karma – tredici anni di mal di denti – che si era guadagnato per altre ragioni. Più tardi, quando vide delle persone che stavano per uccidere un nido di topi, una forma di vita che molti uccidono senza pensarci due volte, disse: «Lasciateli stare. La sua misericordia è su tutte le sue opere». Sapeva che dovevamo avere pietà anche dei topi; anch’essi sono importanti, e non gradiscono soffrire o morire.
Mostrando misericordia ai topi, il karma che aveva subito a causa dell’incidente precedente fu annullato. Gli fu mostrata misericordia perché l’aveva mostrata ad altre creature; aveva aperto il cancello per permettere alla misericordia di entrare in lui. Inoltre, il dolore che aveva sofferto per non aver interceduto per il vitello, era eccessivo, quindi, poiché era un uomo santo, i benefici del suo pagamento eccessivo furono applicati ad altre persone. Per questo motivo, durante i tredici anni di sofferenza non si verificarono aborti o morti di parto. Era in grado di soffrire per gli altri, ma aveva ancora qualcosa da imparare.
Questa storia significativa dovrebbe ricordarci che quando qualcuno ci chiede o ha bisogno di misericordia, non dovremmo nemmeno pensare alle parole: «No, te lo meriti. Ognuno deve subire il proprio karma. Perché dovrei intervenire? Questo è il modo in cui va il mondo». Come disse il Maestro Kirpal a Delhi nel passo citato sopra, il nostro cuore deve sanguinare per coloro che soffrono; dobbiamo prenderci cura. Deve importarci che le persone – o qualsiasi creatura vivente – soffrano, soprattutto quando entrano nella nostra orbita personale, nel nostro raggio di attenzione. Se non hanno questo effetto su di noi, se il nostro cuore non sanguina per il loro dolore, stiamo chiudendo la porta a un canale di grazia. La misericordia di cui abbiamo bisogno, da cui dipendiamo e in cui speriamo, ci viene preclusa perché, per raggiungerci, dobbiamo avere quella porta aperta.
Possiamo pensarla in questo modo: la misericordia che mostriamo agli altri fluisce verso di loro attraverso lo stesso canale attraverso il quale la misericordia di Dio o degli altri fluisce verso di noi. Che ce ne rendiamo conto o meno, quando blocchiamo questo canale, lo chiudiamo da entrambe le direzioni! Il Maestro Kirpal spiega queste interconnessioni nei suoi Quali sono i principi della bhakti o devozione, in Discorsi del mattino, 21; ci spiega cosa stiamo facendo quando amiamo o adoriamo Dio e perché il nostro dare e ricevere misericordia è così importante.

Stavo appunto parlando della devozione, della vera bhakti. Il primo principio, il principio fondamentale e, oserei dire, il più grande è sapere che Dio è dappertutto. Noi viviamo in Lui e Lui è in noi. Viviamo e abbiamo il nostro essere in Lui, come il pesce nel fiume. Il pesce vive nell’acqua, tutta la sua vita dipende da essa. Vive nell’acqua, vive per l’acqua dalla quale trae cibo. Quando Dio volle: «Io sono uno e desidero essere molti», emanò, venne all’esistenza l’intero Universo. Il mondo intero è un’espressione, una manifestazione di Dio. Dov’è quel luogo nel quale non esiste? Siamo in Lui, Lui è in noi ed è il nostro Potere di Controllo. Tutti i corpi animati sono gocce dell’Oceano della Coscienza Universale. Quando veniamo a conoscere questo, tutto è bello. Dio è meraviglioso e anche tutti i mondi creati da lui, emanati da lui sono meravigliosi. La bellezza scaturisce dalla bellezza, non dalla bruttezza. Le cose che appaiono sgradevoli in questo mondo, sono la conseguenza degli occhiali anneriti che portiamo. Se le lenti degli occhiali sono annerite per il fumo, vedete fumo dappertutto. Se sono rosse, ogni cosa appare rossa. Se sono nere, ogni cosa appare nera. Ebbene, il mondo non è nero, rosso o pieno di fumo, badate! Perciò dobbiamo cambiare la tendenza della mente, del cuore.

Il Maestro Kirpal sta dicendo che è la nostra prospettiva a determinare la natura del mondo. Se ci avviciniamo al mondo dal punto di vista di offrire misericordia ovunque sia necessaria, vedremo il mondo in quel modo; e se guardiamo il mondo da questo angolo di visione, daremo misericordia liberamente e riceveremo misericordia.

Il primo principio al quale dobbiamo conformarci, è sapere che Egli è dappertutto. Siamo in Lui e Lui è in noi. Quando percepite questo, avete riguardo per tutti. Ognuno si manifesta in un corpo umano. Quando sappiano che è dappertutto e che conosce ogni cosa del nostro cuore, come possiamo far qualcosa di negativo oppure come possiamo commettere un peccato! Il nostro Maestro soleva dire: «Quando un bambino di cinque anni si siede accanto a voi, non oserete mai fare nulla di ingiusto!» Quando vi rendete conto che è dentro di voi e fuori di voi, è in voi, come potete perpetrare qualcosa! Potete farlo? Ecco la sostanza e l’essenza, il principio fondamentale. Se vi conformate ad esso, ogni cosa segue per conto suo. Il mondo sarà meraviglioso. La bellezza scaturisce dalla bellezza; se il mondo appare sgradevole, o non bello, è la conseguenza degli occhiali che portate.

Ovviamente il Maestro sa, e lo ha detto spesso, che il mondo può essere un posto ostico in cui vivere. Oggettivamente possiamo di sicuro vedere in esso cose che sembrerebbero contraddire le sue parole in questo discorso mattutino. Tuttavia, ci chiede semplicemente di affrontare il mondo con la convinzione: «Beati i misericordiosi, perché avranno misericordia». Se ci avviciniamo all’universo da questa prospettiva, porteremo in esso il punto di vista di Dio, perché questo è il modo in cui Dio in Sach Khand guarda l’universo decaduto. Lo guarda con amore.
Ci vede come anime incarnate che vogliono tornare a Casa e ci ama come anime che sono suoi figli. Ci ama in questo modo perché è così che ci vede; non ci vede come persone meschine e indegne. Noi magari ci vediamo così e il Potere Negativo ci vede certamente così, ma non è così che ci vede il Dio dell’amore e della misericordia. Se così fosse, perché ci vorrebbe?
S’incarna in questo mondo, si sottopone alle sue leggi, soffre per noi e subisce un’umiliazione infinita. Perché? Vuole riportarci a Lui perché ne siamo degni. Se non avessimo un valore infinito per Lui, perché si preoccuperebbe? Ci ama perché esistiamo e vuole che siamo felici, quindi quello che sta dicendo qui è: «Per favore, guarda il mondo come lo guardo io. Per favore, vedilo come lo vedo io. Renderà il mio lavoro più facile e ti renderà la vita molto più facile. Se ti relazioni con gli altri come io mi relaziono con te, se vedi il mondo dal mio punto di vista, arriverai a conoscere cose che altrimenti non saresti mai in grado di capire».

Se respingerete i pensieri negativi per gli altri, tutti saranno amichevoli. Se qualcuno ci ha fatto qualche torto, ripaghiamo semplicemente con la stessa moneta, coviamo quegli stessi pensieri in noi. I Santi sono venuti nel mondo e la gente li ha trattati senza alcun rispetto. Talvolta li ha messi in croce, talvolta li ha bruciati vivi. Tolsero la pelle al corpo di un Santo. La gente invoca: «O Dio, mandaci qualche uomo per salvarci». Dio dice: «Bene, vi ho mandato molti uomini per salvarvi, ma come li avete trattati? Sono venuti per darvi la giusta comprensione di ogni cosa, ossia che tutta la creazione è la manifestazione di Dio; che voi siete i miei figli, gocce dell’Oceano della Coscienza Universale; che io sono il vostro Potere di Controllo. Voi vivete in me e io vivo in voi, ma avete dimenticato». Dimenticare è illusione o ciò che chiamiamo Maya. Se andate da qualcuno il cui occhio è aperto, anche se parlate male di lui, cerca di farvi uscire dall’abisso dell’ignoranza. Se vi dà qualcosa, dovreste svilupparla. Quando andrete interiormente, tutto il vostro modo di vedere cambierà. Persino all’esterno vedrete che tutto è la manifestazione di Dio. È così e allorché incontriamo un Maestro, cominciamo a vedere che è tutto la Sua manifestazione. (Discorsi del mattino, pp. 94-95)

Abbiamo detto che il Discorso della Montagna, e queste benedizioni in particolare, sono scorci di realtà, e il Maestro Kirpal Singh Ji l’ha appena descritta. Ognuna delle sette beatitudini può essere intesa come uno scorcio della verità di Dio, che è ovunque, che è in noi e fuori di noi, e che il mondo è la sua manifestazione e quindi bello. Vedendo il suo mondo come lo vede Lui, tendiamo a renderlo bello. Se vediamo la bellezza, è lì; se non la vediamo, impediamo che sia lì per noi.
Il punto di vista del Maestro è che tutti i figli di Dio hanno un valore infinito e quindi dobbiamo avere pietà di tutti perché sono intrappolati nell’universo decaduto. Ma l’universo è decaduto solo finché noi siamo intrappolati. Una volta che ne siamo usciti, in virtù della grazia del Maestro, non è più decaduto né per noi né per chi si trova sotto la nostra influenza. Per questo motivo, se abbiamo misericordia degli altri, siamo sicuramente benedetti e riceviamo misericordia in cambio.


Surat Shabd Yoga

 

Torna Su
Snitz Forums

torna alla pagina principale