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Surat Shabd Yoga
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 "Per udire la chiamata di Dio" - Sant Ajaib Singh

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D I S C U S S I O N E
n/a "Per udire la chiamata di Dio"

Sant Ajaib Singh Ji


questo Satsang fu dato il 9 maggio 1984 al Sant Bani Ashram, Sanbornton, N.H.


I
l Supremo onnipotente Padre Kirpal ci disse sempre in modo misericordioso che Dio ama l’umiltà. Essendo onnipotente, di fronte a chi dovrebbe mostrare la sua umiltà, di fronte a chi può diventare umile? Ecco perché apprezza l’umiltà. Diceva che se volete realizzare Dio, dovete sviluppare l’umiltà dentro di voi, ma c’è un grande segreto in questo. Il Maestro Sawan Singh Ji affermava che se mostrate umiltà all’esterno – dite alla gente che siete molto umili, che non siete capaci di fare nulla, che non siete nulla - mentre nell’intimo bramate fama e rinomanza, desiderate sempre che ovunque andiate, la gente vi mostri rispetto e vi elogi: questo tipo di umiltà è un inganno della mente.
La mente è il nostro grande nemico e risiede dentro di noi. Ci inganna in tanti modi come questo. Come un giudice competente crea sempre pensieri nell’intimo. Pertanto diceva che questo tipo di umiltà equivale a ingannare gli altri e a ingannare voi stessi; dovremmo sviluppare la vera umiltà dentro di noi.
Quando si crea interiormente l’anelito per praticare la devozione, il Potere Negativo, nel cui dominio viviamo, non diventa negligente o pigro. Manda tute le sue forze, i suoi agenti per accertarsi che nessun’anima riesca a praticare la devozione. Quando viene il momento di fronteggiare il Potere Negativo, allora lo vedremo, però prima dobbiamo combattere con i suoi agenti, con le sue forze, con la sua mente. E quando dovremo combattere con la nostra mente, allora sapremo che cosa vuol dire. Attualmente dobbiamo combattere con le sue forze: le ondate di lussuria, ira, avidità, attaccamento ed egoismo.
Tutti sanno che la lussuria ci disonora. Induce una persona a commettere atti bestiali e un uomo non vede nemmeno una persona che gli sta accanto quando sopraggiunge l’impeto della lussuria. Controllati dalla lussuria, roviniamo perfino la nostra salute fisica.
È lo stesso con la collera, potete notare la condizione del collerico – osservate come una persona non ricorda nemmeno chi è, come i suoi occhi e il suo volto diventano rossi quando sopraggiunge l’ondata della collera. Molti collerici subiscono una grande perdita quando sono dominati dall’ira.
I Santi ci dicono che l’avido non è amico di nessuno; non è niente di più di un pezzo di carne. Per soddisfare il proprio desiderio di avidità, non esita a utilizzare qualunque mezzo.
Guru Nanak dice che non dovremmo andare nella compagnia degli avidi, nemmeno in uno stato di oblio. Dice: “Non fate affidamento sugli avidi, non frequentate la loro compagnia perché alla fine sarete mandati in un luogo tale dove nessuno verrà in vostro soccorso”.
Vi viene presentato un inno di Mahatma Surdass. Mahatma Surdass era un ufficiale di alto rango nel regno dell’imperatore Akbar, che fu uno degli imperatori mogol, un re molto potente dell’India. Surdass era il governatore del Punjab. In quei giorni non esistevano mezzi di irrigazione, non esistevano canali o cose simili. Le persone dipendevano dalla pioggia per i raccolti, e poiché non pioveva a sufficienza, era molto difficile per loro provvedere al proprio sostentamento. Era quasi impossibile per loro pagare l’affitto al governo. Il governo mandava la polizia per punire coloro che non riuscivano a pagare le tasse; la polizia veniva e li picchiava.
Mahatma Surdass, il cui nome era Madan Mohan a quel tempo, aveva ricevuto il compito di raccogliere le tasse da quelli che non riuscivano a pagare il governo. Quando Mahatma Surdass vide la condizione povera del popolo – “non hanno alcun cibo da mangiare, non hanno vestiti da indossare, non hanno case in cui vivere, come possono pagare le tasse?” – provò molta pietà. E con tutta la sua umiltà distribuì le tasse che aveva raccolto dagli altri a quei poveri che non avevano nulla, dopodiché scomparve pensando che qualora fosse tornato dal re, non sarebbe stato perdonato. Ma l’imperatore Akbar era molto contento della sua onestà, dunque annunciò che lo avrebbe perdonato per il suo errore se fosse tornato al lavoro. Surdass non tornò, trascorse tutta la vita a praticare la devozione di Dio. Mahatma Surdass era saturo di umiltà, in tutti i suoi scritti noterete una grandissima umiltà. In ogni singola linea osserverete molta umiltà.
Quando Guru Nanak Sahib andò alla Mecca, Kazi Ruknuddin venne a fargli numerose domande. Disse: “Parlami del palazzo di Dio, che tu menzioni spesso. Dimmi quanti pilastri e minareti ha”. Guru Nanak Sahib rispose: “Dio ha costruito questo corpo umano, che è il Palazzo in cui lui stesso risiede, ha dodici pilastri. Ci sono tre giunture in ogni braccio e gamba, dunque ci sono sei giunture nelle due braccia e sei nelle gambe, il che fa dodici pilastri che sostengono il corpo. Questo palazzo ha dodici denti e dieci dita che servono come minareti per abbellirlo. In cima al palazzo, al Centro dell’Occhio, Dio Onnipotente stesso richiama la gente, ma è un peccato che le persone siano controllate dall’ego e, a causa della vanità, non prestano ascolto al Suono di Dio che riecheggia tutto il tempo al Centro dell’Occhio”.
Guru Nanak Sahib disse al Kazi Ruknuddin: “Sfortunati sono coloro che dormono e non prestano ascolto alla Chiamata di Dio. Possono udirla soltanto quelli scelti da Dio stesso”.
Aggiunse: “Esistono due finestre nel palazzo di Dio. In una risiede il Beneamato Signore e nell’altra risiede l’anima. Dobbiamo semplicemente aprire la finestra e vi troverete Dio Onnipotente”.
Poi disse: “Il Sentiero che mena alla casa di Dio Onnipotente è molto sottile, è più piccolo di un decimo del seme di senape”. Anche Kabir Sahib disse: “Il Sentiero di Dio è più sottile di un capello. La mente è diventata come un elefante, come può percorrere quel sentiero e andare da Dio?”.
Similmente Guru Amardas Dev Ji Maharaj dice: “Il Sentiero che porta alla Casa di Dio è più tagliente della lama di una spada. È più sottile dello spessore di un capello e potete andare lì solo se diventate sottili come quel sentiero”.
Dunque vi viene presentato un breve inno di Mahatma Surdass Ji. Saprete quanta umiltà e modestia serbano nell’intimo i Beneamati di Dio, gli innamorati di Dio, coloro che lo hanno manifestato interiormente.
Tutti i Mahatma che hanno raggiunto Sach Khand hanno un’umiltà unica. Guru Nanak Sahib chiede al suo Maestro: “Né eseguendo le japas e le tapas, né astenendomi dalle cose sono riuscito a realizzarti. Ti ho realizzato solo per tua grazia. Le mie azioni sono infime e sono pieno di errori, quindi sono venuto al tuo rifugio. Accettami gentilmente nel tuo rifugio”.
Non è nella lingua di quel paese dire: “Io, io”, la lingua di quel paese dice: “Tuo, tuo”. Kabir Sahib afferma: “Dicendo ‘tuo, tuo’, ho dimenticato me stesso, a quel punto sei rimasto solo tu”.

O Signore, questa volta liberami.
Tu sei il Signore dei Signori, O Swami.
“Donatore” è il tuo nome.

Com’è umile di fronte al suo Maestro: “O Signore, sei il Signore di tutti, sei il Donatore di tutti. Sono un mendicante alla tua porta. Sono venuto ad aprire il mio sacco di fronte a te. Essendo tu il donatore ed essendo io pieno di peccati, perdona tutti gli sbagli che ho commesso prima di venire da te. Avendo preso rifugio in te, prendimi sotto la tua protezione e dammi la tua grazia”.
Anche Kabir Sahib, la dimora dell’umiltà, dice: “O Signore, prestami attenzione. La mia anima è in mezzo a questo Oceano della Vita. Se non mi presterai attenzione, annegherò”.
Aggiunge: “Sono un peccatore sin dalla nascita e sono pieno di sporcizia in tutto il corpo. Prestami attenzione, o Signore, se non lo farai, annegherò”.
Anche Ajaib rimase in piedi di fronte al suo Maestro con gli occhi e il cuore pieni di lacrime. Anche lui disse la stessa cosa: “Sono il tuo peccatore momento dopo momento. Sono il tuo ladro momento dopo momento, ho preso rifugio in te; perdona i miei errori”.
Qual è la nostra solita abitudine, noi che siamo facilmente trascinati dall’impeto della mente? La nostra condizione è pari a quella di un certo fachiro Suthra, che era un iniziato di Guru Har Gobind ed un poeta molto comico. Visse sino all’epoca di Guru Gobind Singh Ji; ebbe una lunga vita. Una volta chiese a qualcuno come rinforzare una casa. Qualcuno gli consigliò di fissarvi molti pilastri dentro. Così fissò dei pilastri in casa fino a riempirla completamente. Un giorno incominciò a piovere e lui rimase fuori. Qualcuno passò e gli chiese perché stesse aspettando all’esterno, perché non si riparasse dentro? Suthra rispose: “Se ci fosse spazio in più, metterei un altro pilastro”. (molte risate) Similmente se vi fosse altro spazio nella nostra mente, lo riempiremmo con un ennesimo desiderio. Proprio come il fachiro Suthra e la sua casa, noi abbiamo riempito la nostra mente con tutti i desideri e non v’è spazio per il Maestro.
Il velo interiore di Suthra era stato innalzato e non credeva per fede cieca. Una volta accadde che aveva delle scarpe molto grandi, circa di sessanta centimetri. Una notte andò presso una moschea e lasciò una scarpa fuori. Il mattino dopo il maulvi, il prete della moschea, vide una scarpa enorme e pensò: “Forse l’altra notte Dio ha visitato la moschea, (molte risate) e ha lasciato una scarpa mentre si affrettava a tornare”. Quando ebbe annunciato questo, la gente accorse da ogni parte. Presero a inchinarsi a quella scarpa, incominciarono a offrire fiori e cose alla scarpa, diventò un oggetto di culto.
Dopo qualche tempo Suthra andò in giro a chiedere se avevano visto la scarpa perduta portando quell’altra come campione. Le persone che avevano visitato la moschea, notarono l’altra scarpa e dissero: “Sì, c’è una scarpa simile a questa nella moschea”. Andò alla moschea e chiese: “Ditemi, chi ha portato la scarpa?”, dopodiché prese la scarpa mancante e se ne andò.
Voleva dimostrare alla gente che si affidavano solo alla fede cieca, che non cercavano la realtà. Voleva dire agli altri che Dio non è legato ad alcuna moschea, ad alcuna chiesa o gurdwara o tempio; è legato all’amore dei devoti. È dentro gli esseri umani, è nei devoti di Dio.
Una volta per far intendere ai discepoli di Guru Gobind Singh Ji in che modo capire il bani del Maestro, Suthra fece qualcosa di molto interessante. Andò in un negozio e prese delle cose a credito. Il negoziante pensò che essendo un buon discepolo del Maestro, non ci sarebbero stati problemi: dopo qualche tempo lo avrebbe pagato. Ma non pagò il negoziante, nemmeno dopo un lungo periodo.
Quando il negoziante domandò i propri soldi, Suthra disse: “D’accordo, perché dovrei darti del denaro? – perché è scritto nel bani dei Maestri che molti prendono cose dagli altri e poi se ne scordano. Perché dovrei darti del denaro?”. Il negoziante rispose: “Va bene, andrò a lamentarmi con il Maestro”. Suthra rispose: “Dovresti leggere quel che lui stesso ha scritto, perché non dovrei obbedire alle sue parole scritte?”.
Allora il negoziante andò da Guru Gobind Singh e disse: “Maestro, il fachiro Suthra mi deve molto denaro e ogniqualvolta gli dico di darmelo o che mi lamenterò con il Maestro, afferma che hai scritto in questo bani che molti prendono e poi se ne dimenticano. Che cosa dovrei fare?”.
Guru Gobind Singh chiamò Suthra e gli domandò perché non stesse pagando il negoziante. Rispose: “Maestro, è scritto nel Sukhmani che molti prendono e poi dimenticano. Perché dovrei pagarlo?”. Guru Gobind Singh gli disse: “Dovresti leggere anche l’altra parte dell’inno, in cui dichiara che molti stolti prendono dagli altri”. Allora Suthra esclamò: “Bene, questa prima parte va bene per me, la seconda va bene forse per gli altri”. (risate)
Voleva spiegare ai discepoli che dovremmo prendere le parole dei Maestri al completo e capire che si applicano tutte a noi.
Ho visto all’epoca del Maestro Kirpal che quando il Maestro diceva che ogni satsanghi dovrebbe meditare almeno due ore e mezzo al giorno, osservare la purezza di vita, mantenere il diario e cose simili, nessuno annuiva col capo e diceva: “D’accordo, questo è giusto, cercheremo di farlo”. Ma ogniqualvolta diceva parole dolci, come ogni satsanghi dovrebbe meditare, anche se solo per due minuti al giorno, e che dovrebbe cercare di mantenere la vita pura, allora giungevano le mani e dicevano: “Siamo molto riconoscenti, cercheremo di farlo”. (molte risate) Pertanto la gente non accetta e non cerca di mettere in pratica i comandamenti difficili dei Maestri. Diventa molto grata ai Maestri quando dicono parole dolci.

Sono sfortunato e cieco sin dalla nascita.
Chi può liberarmi (eccetto Te)?

Ora dice: “Sono cieco sin dalla nascita e probabilmente sono il più grande peccatore. Se metto tutti i miei peccati su un piatto della bilancia, ancora peseranno più di quelli degli altri”.
Queste grandi anime non sono dei peccatori. Vengono nel mondo per condannare e rimuovere i peccati. Parlano con grande umiltà solo per risvegliarla dentro di noi.
Anche Kabir Sahib dice: “Quando sono andato in cerca di una persona cattiva, non ne ho trovata alcuna, tuttavia quando ho guardato dentro di me, ho scoperto che ero il peggiore di tutti, sono il peggiore di tutti”. Kabir Sahib era un Param Sant, era onnipotente, fu il primo Santo a venire nel mondo. Non era un peccatore, ma lo diceva solo per farci capire che dobbiamo sviluppare questo tipo di umiltà dentro di noi.
Il Supremo Padre Kirpal, di cui non possiamo descrivere la gloria, era onnipotente e ogniqualvolta parlava di sé, adoperava sempre parole minori, parole molto umili. Diceva sempre: “Non sono nulla, è tutto per grazia del mio Maestro, Hazur Sawan Singh”.

Sei il Sostenitore dei tre mondi.
Sono solo il tuo servo.

Ora dice: “Non importa se la gente del mondo ti reputa un essere umano, di fatto sei il possessore dei tre mondi. Tutti i tre mondi operano sotto la tua volontà, secondo i tuoi ordini. Sono il tuo servo, il tuo schiavo, e sono nel tuo rifugio”.

Hai liberato le persone di casta alta e bassa.
O Signore, abbi pietà di me.

Ora dice: “Quando sei venuto nel mondo, non hai considerato se uno era povero o ricco, se era illetterato o dotto, se apparteneva a una casta bassa o alta. La tua reputazione è stata quella di liberare e perdonare, e lo hai sempre fatto. Avendo preso rifugio in te ed essendo venuto sotto la tua protezione, libera misericordiosamente anche me”.
La regina di Kapurthala venne dal Maestro Sawan Singh con molta ricchezza. Era fiera di essere una regina e, dato che aveva portato molta ricchezza, pensava che forse il Maestro Sawan Singh le avrebbe dato il benvenuto, avrebbe ricevuto molto onore, fama, rinomanza e cose simili. Ma quando arrivò, Baba Sawan Singh le spiegò con amore la teoria della Sant Mat, le diede qualche libro da leggere e alla fine lei seguì il Sentiero dei Maestri, si fece iniziare da Baba Sawan Singh.
In seguito, diceva sempre a suo marito, il re di Kapurthala, di venire a prendere il darshan del Maestro Sawan Singh e di ricevere l’iniziazione. Lui rispondeva: “Posso andare a vedere Baba Sawan Singh, ma dato che sono un re, che cosa dirà il mio popolo? È un re eppure segue un Santo?”, altre volte diceva: “D’accordo, il seguito non è pronto ora, andrò al prossimo Satsang”, continuava a rimandare.
La morte non risparmia nessuno e non aspetta nessuno. Quando la morte venne e strinse il collo del re di Kapurthala, si lamentò. Chiese alla moglie, la regina: “Fa’ qualcosa per me perché ora ho un dolore terribile”. Lei rispose: “Ti ho sempre detto di andare a vedere Baba Sawan Singh perché lui è il Liberatore, è il Perdonatore, perdona i peccati di tutti, ma tu non lo hai fatto, per cui ora che cosa posso fare per te?”. Ero arruolato come marconista nel suo palazzo e fui testimone oculare, accadde circa nel 1947.
Nella stessa città c’era una prostituta che era molto ricca e molte persone facoltose andavano da lei. Una volta in qualche modo partecipò al Satsang e capì gli insegnamenti del Satsang, venne da Baba Sawan Singh a chiedere perdono. Pensò: “Tutta la mia ricchezza non verrà con me, dunque a che serve accumularla?”.
Venne da Baba Sawan Singh a chiedere perdono e a ottenere l’iniziazione. Baba Sawan Singh le domandò che cosa avesse deciso nella sua vita. I Santi sono onnicoscienti e non fanno le stesse domande a tutti. Dipende solo dalla persona; varia da persona a persona.
Quando il Maestro Sawan Singh le chiese che cosa stesse facendo, rispose: “Piuttosto che fare del bene, sto facendo proprio l’incontrario”. Quando confessò con grande onestà che era una peccatrice, che commetteva ogni tipo di azioni negative, il Maestro Sawan Singh fu talmente compiaciuto della sua veridicità che esclamò: “Tu sei la mia vera figlia e ti darò l’iniziazione”. In seguito, dopo che il Maestro Sawan Singh l’ebbe iniziata, lei regalò tutta la ricchezza che aveva accumulato e meditò molto, diventò una buona meditatrice.
Similmente, nella nostra zona c’era una prostituta e anche lei aveva guadagnato molto denaro in quel modo. Venne ai piedi del Maestro Kirpal Singh e quando il Maestro Kirpal Singh la iniziò, molti presero a opporsi a lui, cominciarono ad avere pensieri negativi – “perché il Maestro ha dato l’iniziazione a una persona così negativa?” – ma io dicevo loro di aspettare e di vedere come opera il Naam del Maestro.
Dopo qualche giorno quando fu ispirata nell’intimo, regalò tutta la ricchezza che aveva accumulato, anche i doni che aveva ricevuto dalla gente, nonostante l’opposizione del marito, non le importò. Disse: “Farò quel che il mio Maestro mi sta dicendo di fare interiormente”.
Quando diede via ogni cosa, le persone che si opponevano a lei e che si erano rammaricate nel momento in cui il Maestro l’aveva iniziata, divennero molto interessate nel Sentiero. Anche loro vennero dal Maestro e capirono, incominciarono a cantare la gloria del Maestro, anche loro dissero che c’è qualche potere nel Maestro.

Sono il più grande peccatore e il capo degli infimi.
Milioni di peccati sono come un mio capello.
Chi era il povero Ajamil (in confronto a me)?

Ora dice: “Anche se mettete miliardi di peccati su un piatto della bilancia, tuttavia i miei peccati saranno ancora di più. I peggiori peccatori possono pure avvicinarsi a me, perché io sono un peccatore più grande di loro”. Dice: “Hai protetto Ajamil, il peccatore”.
La storia di Ajamil, il peccatore, viene narrata nel Guru Granth Sahib. Aveva commesso numerosi peccati al punto che le stesse persone della comunità lo boicottarono e si sentivano male. In qualche modo venne nella compagnia del Maestro, al quale domandò se c’era qualche speranza per lui di essere perdonato. Il Maestro pensò che avendo avuto molti pensieri impuri, i suoi pensieri erano troppo dispersi nel mondo e aveva commesso numerosi peccati nella sua vita, non sarebbe riuscito a perfezionare il Simran. Sta ai Maestri decidere in quale modo liberare le anime, possono cambiare le regole per le persone. In quel modo il Maestro gli disse: “Il bimbo che sta per nascere a tua moglie, chiamalo ‘Narayan’, e sarai protetto”.
Non era difficile per lui ricordare Narayan, il suo prossimo figlio. Così incominciò a praticare il Simran del nome “Narayan” che significa “Dio”. In quel modo trascorse tutta la vita e perfezionò il ricordo di “Narayan”. Quando gli Angeli della Morte vennero a tribolarlo al momento della morte, allora gridò subito: “Vieni, figlio mio, Narayan! Salvami! Salvami!”. Aveva perfezionato il ricordo di Narayan, il Simran datogli dal Maestro, quindi il Maestro arrivò immediatamente e si prese cura della sua anima. Dunque in questo punto Mahatma Surdass dice: “O Signore, hai salvato peccatori come Ajamil. Come hai salvato lui, salva anche me, proteggi anche me dato che ho preso rifugio in te”.

La religione fugge nell’udire il mio nome.
Sono destinato ad andare all’inferno.

Com’è umile di fronte al suo Maestro? Dice: “Sono così ostinato, così cocciuto che anche se la religione ascolta il mio nome, scappa via. Ho deciso che andrò all’inferno perché sono pieno di numerosissimi peccati”.

Non ho nessun altro luogo dove andare.
Mantieni la tua reputazione (di protettore e di liberatore).

Quando un’anima tralascia ogni altro sostegno e ne tiene uno solo, ricorda il Maestro, allora il Maestro, per mantenere la sua reputazione, la protegge e se ne prende cura. Dice: “Dato che sei l’unico che possa proteggermi e liberarmi, ti prego di venire a proteggermi, a liberarmi, ho solo il tuo appoggio”.

O Signore, hai liberato peccatori e ignobili.
Ora non abbandonare quest’anima allo sfacelo.
Surdass dice: “Crederò in questa Verità solo
quando avverrà la mia liberazione”.

Ora ha raggiunto la Vera Casa, eppure prega il Maestro: “Ti considero vero solo se mi libererai”.
Chi stima il Maestro? Solo chi va nell’intimo, solo chi conosce il Potere del Maestro. Chi conosce il Potere del Maestro, sa che se non pregherà per la grazia del Maestro, se non pregherà il Maestro, è possibile che Lui potrà mandare indietro chi è già arrivato.
Spesso ho detto che sino ad ora coloro che hanno meditato, che hanno lavorato duramente, che si sono innalzati fino a Brahmand e si sono riuniti con Dio, non hanno mai detto che questo Sentiero dei Maestri è falso. Hanno sempre apprezzato e testimoniato che il Sentiero è vero. Mentre coloro che non vogliono meditare, coloro che vogliono leggere e citare dai libri, coloro che vogliono sempre ottenere la liberazione eseguendo pratiche esteriori, dicono sempre che questo Sentiero è falso. Questo non è il sentiero di letture e di scritture, è il sentiero del sacrificio. Questo è il sentiero del duro lavoro e delle esperienze.
Dunque anche noi dovremmo sviluppare umiltà dentro di noi, fare il nostro Bhajan e Simran, mantenere i pensieri puri e abbandonarci al Maestro.

da "Quaderni sulla Sant Mat" - volume 2 - pagina 10

Surat Shabd Yoga

 

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