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Surat Shabd Yoga
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 "Se mantenete l'amore"

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D I S C U S S I O N E
n/a "Se mantenete l’amore"
Sant Ajaib Singh Ji

questa sessione di domande e risposte avvenne il 6 dicembre 1995 allo SKA, Sampla, India

questo è il Satsang che abbiamo ascoltato il 17 settembre nel corso del ritiro a Piediluco

SANT JI: Ringrazio i Supremi Padri Signori Sawan e Kirpal che ci hanno dato questa sacra opportunità di stare nella loro rimembranza, di cantarne le lodi e la gloria. È tutto dovuto alla loro grazia che giorno e notte siamo nella loro rimembranza e ne cantiamo le lodi.
DOMANDA: I primissimi incontri con i Maestri si riflettono in lacrime e sentimenti di brama. Che cosa succede dopo qualche tempo quando in questi incontri non ci sono più lacrime? Ci sono sorrisi e gioia, ma non così appassionati come quando c’erano le lacrime. Questo cambiamento è un segnale di indietreggiamento o una mancanza di progresso nello sviluppo spirituale dell’iniziato?
SANT JI: È un’ottima domanda e tutti dovrebbero capirla perché questo accade solitamente a ogni satsangi. Spesso ho detto che quelle grandi Anime che vengono nel mondo con la brama, con il dolore della separazione, quando vanno dai loro Maestri, quando si scambiano gli sguardi, quando guardano negli occhi del loro Maestro, l’inebriamento che provano in quell’istante, in quell’incontro non è descrivibile.
Diventano talmente assorti nell’amore del Maestro che qualora dovessero essere tagliati a pezzi, non si lamenterebbero. Non esiterebbero se fosse per l’amore del Maestro. Non importa ciò che viene loro offerto nel mondo, non importa quante difficoltà debbano attraversare, tuttavia una volta che vanno dal Maestro, l’entusiasmo, la passione per il Maestro, l’amore per il Maestro non si affievoliscono mai, anzi continuano ad accrescere in ogni istante.
Miei cari, oggigiorno è disponibile l’elettricità dappertutto e di solito la gente non usa le lampade a petrolio. Eppure ci sono alcuni che lo fanno e forse sapete come le accendiamo. A mano a mano che lo stoppino si consuma, dobbiamo spuntarlo e finché continuiamo a spuntare lo stoppino, la lampada continua a dare luce.
Sapete che per accendere la lampada, innanzi tutto dobbiamo vedere se tutte le parti sono in ordine. La lampada deve avere uno stoppino, il petrolio e anche il vetro deve essere pulito. Quando ogni cosa è in ordine, ci vuole solo un attimo per accenderla. Ma se la lampada non è a posto, vi ci vorrà del tempo per riempirla di petrolio; dovrete pulire il vetro, spuntare lo stoppino e sistemarlo. Solo dopo aver fatto alcuni sforzi e impiegato del tempo, riusciremo a sistemare la lampada e ad accenderla.
Nello stesso modo, a coloro che giungono dal Maestro con il dolore della separazione, con la brama occorre solo un istante. Tali anime hanno solo bisogno della connessione con il Maestro e il loro lavoro è compiuto. Mentre gli altri, come noi, sono pari a quelle lampade le cui parti non sono a posto. Ecco perché ci vuole tempo. Prima dobbiamo fare ordine e poi saremo illuminati. Non siamo ancora in ordine, proprio come quella lampada, perché a volte veniamo al Satsang e altre volte no. A volte meditiamo, a volte no.
Miei cari, ho sempre detto che prima di andare da qualsiasi Maestro, innanzi tutto dovremmo scoprirne la biografia, il passato. Dovremmo scoprire se ha meditato, se ha fatto qualche sacrificio nella sua vita, se ha trascorso cinque, dieci o quindici anni in cerca di Dio Onnipotente. Ha praticato la devozione o no?
Dovreste scoprire il più possibile a proposito del suo passato e della sua devozione. Una volta che siete certi che è un vero Mahatma e una volta che avete preso rifugio ai suoi piedi, che avete ricevuto l’iniziazione da lui, in seguito la ricerca per il Maestro è completa. Poi dovreste fare solo qualunque cosa vi dica di fare, seguire qualunque sentiero vi indichi. O fratello, qualunque sentiero il Maestro ti abbia mostrato, ora è diventato il tuo karma e religione. Nelle lettere di Baba Jaimal Singh a Baba Sawan Singh egli ha scritto che quando una persona riceve l’iniziazione al Naam dal perfetto Maestro, la persona ottiene il diritto di andare a Sach Khand. Merita di andare a Sach Khand, ma c’è una condizione, ossia che non dovrebbe considerare il Maestro come un essere umano, nemmeno in uno stato di sonno o sogno.
In punjabi c’è un proverbio: “Bevete l’acqua dopo averla filtrata. Accettate qualcuno come Maestro dopo averlo conosciuto”.
Prima di tutto dovreste scoprire sul conto del Maestro. Non prendete l’iniziazione da lui se pensate che sia solo un essere umano. Scoprite sul suo conto e una volta che siete certi che ha meditato sullo Shabd Naam, solo allora dovete andare da lui senza alcuna esitazione e ricevere l’iniziazione al Naam. E una volta ricevuta l’iniziazione, non abbiate alcun dubbio e non pensate che sia un essere umano.
Che cosa facciamo? Andiamo al Satsang dopo aver guardato le altre persone, riceviamo l’iniziazione perché vediamo gli altri farlo. A volte abbiamo questo stimolo nell’intimo e consideriamo il Maestro come Dio Onnipotente. A volte abbiamo lo stimolo e consideriamo il Maestro addirittura inferiore a un essere umano. Così miei cari, quanto progrediremo se continuiamo a vacillare in questo modo?
Miei cari, quando andai al Sant Bani Ashram (n.d.t. in New Hampshire, Stati Uniti, 1977) nel primo giro vennero circa duecento per l’iniziazione. Su quelle duecento persone ci furono solamente due che non ebbero alcuna esperienza né di luce né di suono.
Sapete che il Maestro non aveva nulla di personale contro quelle due persone che non ebbero esperienze; non è che il Maestro non volesse dare loro l’esperienza. Quando cuciniamo le lenticchie, prima le mettiamo in ammollo nell’acqua e tutte ottengono la stessa quantità di calore. Tra le lenticchie ce ne sono alcune dure, come pietre. Non importa per quanto tempo le mettiate in ammollo, le cuciniate, non si ammorbidiscono.
Uno di quei due amati era una donna dal Sud Africa. Non chiese un’altra seduta. Disse: “So qual è il problema, qual è il motivo per cui non ho ottenuto l’esperienza, e a tempo debito andrà meglio”.
Ella continuò a meditare con molta fede, amore e devozione per il Maestro, e a tempo debito ottenne esperienze sia di luce sia di suono. Suo marito rimase così impressionato dalla sua devozione che anche lui venne sul Sentiero. Divenne un discepolo talmente devoto che divenne il rappresentante del Maestro in Sud Africa. Il suo nome era Ranga Naidoo. Era un discepolo molto devoto, molto fedele. Al momento della dipartita il Maestro Kirpal si prese cura di lui e lo protesse.
L’altra persona ottenne altre due sedute eppure non ebbe alcuna esperienza di luce o di suono. Non rivelò il problema, e cercò di ricevere l’esperienza alla prima e alla seconda seduta, ma non ebbe affatto alcuna esperienza, pur avendo meditato per tre volte. A quel tempo non confessò. Non si rese conto e non mi disse che c’era qualche difficoltà da parte sua. Solo dopo alcuni mesi mi scrisse una lettera nella quale scoprii, nella lettera disse: “Oggi confesso che il giorno dell’iniziazione ero venuto dopo aver commesso un grande peccato, e questo fu il motivo per cui non ottenni esperienze”.
Il Maestro Sawan soleva dire che noi riceviamo anche le esperienze secondo i nostri karma. Il padre e il figlio non hanno lo stesso tipo di esperienze. Nemmeno il marito e la moglie ricevono lo stesso tipo di esperienze perché i loro karma sono diversi e le esperienze dipendono dal karma.
Perciò la domanda era: quando il discepolo arriva dal Maestro per la prima volta, ha lacrime agli occhi e anelito nel cuore, ma gradualmente quella brama, quelle lacrime continuano a diminuire. Ho avuto l’opportunità di sedere ai piedi del Maestro Sawan Singh. Fu solo per sua grazia che sin dall’infanzia egli mi benedisse con l’opportunità di stare ai suoi piedi. Nel suo cuore serbava così tanto amore, così tanto anelito per il Maestro che ascoltandolo sembrava come se egli fosse appena tornato dal vedere il suo Maestro Baba Jaimal Singh.
Il Maestro Kirpal Singh diceva: “Dopo la dipartita di Baba Jaimal Singh da questo mondo, una volta Baba Sawan Singh aveva promesso di dare un Satsang nel villaggio di Gumana (il luogo di nascita di Baba Jaimal Singh). Quando Baba Sawan Singh andò a Gumana per dare il Satsang, mentre stava per entrare nel villaggio, al confine si prostrò per terra e rese omaggio al villaggio, alla terra dove era nato Baba Jaimal Singh.
Poi durante il Satsang incominciò a piangere. Pianse e pianse, e le lacrime non finivano. Quando il Maestro Kirpal vide la sua condizione, disse: “Amato Maestro, se la tua condizione è questa, che cosa faremo noi jiva?” Baba Sawan Singh disse: “Se l’amato Maestro Baba Jaimal Singh venisse nella sua forma fisica a darmi il darshan, sono disposto a dare via ogni cosa; sono disposto a sacrificare ogni cosa per quell’attimo benedetto”. Dunque notate che il suo entusiasmo, il suo dolore della separazione, la sua brama non diminuirono nemmeno dopo così tanto tempo. L’affetto, l’amore, la brama per il Maestro erano ancora gli stessi.
Per quanto riguarda il Maestro Kirpal Singh ho visto con i miei stessi occhi che ogniqualvolta menzionava il nome dell’amato Maestro Baba Sawan Singh oppure ogniqualvolta sentiva qualcuno parlare di Baba Sawan Singh, le lacrime scendevano dalle guance. Ad Hanumanghar Harbans stava cantando dei bhajan nella rimembranza di Baba Sawan Singh; io ero seduto con il Maestro Kirpal Singh e vidi che con ogni singola linea cantata del bhajan il Maestro Kirpal versava lacrime, piangeva, metteva il dito così dicendo: “Sì, questo è assolutamente giusto”.
Kabir Sahib fu il primo Santo incarnato a venire nel mondo. Non andò mai al di sotto del corpo umano e su ordine di Dio Onnipotente venne direttamente nel mondo. Dalla lettura degli scritti dei Santi, dalla lettura dei loro bani (n.d.t. distici) ci rendiamo conto di quanto entusiasmo e amore avessero per il Maestro fino all’ultimo istante della loro vita. I loro scritti portano testimonianza di quanto amore, quanto entusiasmo avessero per il Maestro nel corso di tutta la vita.
Kabir Sahib dice: “Coloro che reputano il Maestro come un essere umano sono ciechi. In questo mondo soffrono e nell’aldilà cadono vittima di Yama”.
Kabir dice: “O Kabir, senza la pratica della devozione di Dio anche un re diventa un asino che porta il fango per il vasaio e nessuno gli dà da mangiare”.
Kabir Sahib dice: “O Kabir, senza la pratica della devozione di Dio una donna diventa come un cane che vagabonda da una strada all’altra e nessuno le offre del cibo. Non abbandonate mai la compagnia del Santo. Ogniqualvolta lo guardate, andate e frequentate la sua compagnia perché voi diventate santi non appena lo vedete e nella sua compagnia meditate sul Naam”.
Kabir dice: “O Kabir, eravamo frantumati nel mulino, ma il Satguru è venuto a salvarci da quella sofferenza. A causa dei karma passati ci siamo avvicinati al Maestro e abbiamo ottenuto la sua grazia”.
Nello stesso modo leggiamo il bani di Guru Nanak Ji Maharaj; un’opera molto voluminosa, gigantesca. In tutto il testo, in ogni punto sono scritte la lode, l’importanza e la gloria del Maestro. Egli dice: “O mia mente, seguita a ripetere ‘Maestro, Maestro’ perché senza il Maestro non sono nulla. Giorno e notte rimango nel rifugio del Maestro il cui dono non può essere cancellato da nessuno. Il Maestro è l’artefice, è capace di fare ogni cosa. Il Maestro è l’Onnipotente, egli era ed è. Con la grazia del Maestro si realizza la nostra crescita, le tenebre sono rimosse e siamo illuminati”.
Nanak dice: “Dio Onnipotente ha concepito questo: senza il Maestro non possiamo ottenere la liberazione”. Sehjo Bai, che era una discepola di Charan Das, ha detto: “Posso anche abbandonare Dio, ma non posso mai dimenticare il Maestro. Infatti Dio mi ha scaraventato nel ciclo dell’andirivieni, mentre il Maestro mi ha dato il Naam e me ne ha liberato. Dio si è occultato a me, ma dandomi la lampada il Maestro me lo ha fatto contemplare. Dio mi ha gettato nella trappola della famiglia e dell’attaccamento ad essa, mentre il Maestro ha reciso quell’attaccamento. Dio ha agganciato i cinque dacoita: lussuria, ira, avidità, attaccamento ed egoismo che mi stanno facendo danzare come un asino, ma considerandomi un orfano, il Maestro mi ha affrancato da essi. Non possiamo ripagare il Maestro per tutti i favori che ha fatto per me. Sono pronto a sacrificare ogni cosa. Anche se devo sacrificare tutte le famiglie, tutte le generazioni, non riuscirò a ripagare i favori che il Maestro ha fatto per me. Non potete ripagare il Maestro, dice Sehjo Bai, anche se sacrificate ogni cosa”.
Anche Ramanand elogia il Maestro: “Una volta nella mia mente sopraggiunse il desiderio di praticare la devozione del Maestro e trovare Dio Onnipotente. Ho raccolto del materiale per eseguire l’adorazione, ma ogniqualvolta andavo ad adorarlo, non trovavo altro che acqua e pietra”.
Dice. “Ogniqualvolta andai, trovai solo acqua e pietra, ma la Parola del Maestro è l’unica cosa che recide tutte le fantasie e tutte le difficoltà”. Guru Arjan Dev Ji Maharaj dice: “Nell’aldilà nessuno ci chiederà della nostra cultura e della conoscenza che abbiamo ricevuto. Nessuno prenderà in considerazione i karma, i riti e le cerimonie che abbiamo eseguito. Fortunati sono coloro che sono andati dal Maestro perché hanno avuto buon esito nelle loro vite”.
Coloro che hanno visto il Maestro con i propri occhi, hanno avuto buon esito nelle loro vite. Miei cari, tutti conoscono la mia condizione, ciò che mi accadde dopo la dipartita dell’amato Maestro Kirpal. Anche prima piangevo molto e solo a causa di quel pianto gli occhi rimasero compromessi.
Se volete avere un’idea del dolore che provavo a quel tempo, della brama che avevo, leggete e capite il bhajan che dice “Separato da Kirpal ho pianto”. Vi ho già narrato la storia di Bhai Joga: Bhai Joga proveniva dalla città di Peshawar (n.d.t. all’epoca in India, ora in Pakistan). Da bambino andò da Guru Gobind Singh insieme con i suoi genitori per avere il suo darshan. Guru Gobind Singh lo guardò e con grande gioia chiese: “Caro figlio, qual è il tuo nome?” Rispose: “Il mio nome è Joga”. Ora la parola “joga” può anche significare letteralmente “per il bene di” qualcosa.
Guru Gobind Singh disse: “Se sei per il bene di qualcosa, perché non diventi per il mio bene?” In quel modo Bhai Joga rimase con Guru Gobind Singh. Era un’anima molto devota. Fece molto seva per Guru Gobind Singh; praticò molta devozione e meditazione. Quando diventò un giovane uomo – sapete che i genitori sono sempre attaccati ai figli – quando arrivò all’età da matrimonio, i genitori fecero tutto il viaggio da Peshawar per chiedere a Guru Gobind Singh di far tornare a casa Bhai Joga, pensavano di farlo sposare. Bhai Joga non voleva tornare dai genitori e sposarsi, perché era inebriato dalla compagnia e dal convivere con il Maestro, Guru Gobind Singh. Ma i genitori implorarono Guru Gobind Singh di lasciarlo andare dicendo che era figlio unico ed era loro desiderio che si sposasse. Allora Guru Gobind Singh disse a Bhai Joga: “D’accordo, va’ con i tuoi genitori e ti manderò un messaggio. Quando ricevi il messaggio, torna immediatamente”.
Con il cuore appesantito e triste Bhai Joga si mise in viaggio per tornare a Peshawar con i genitori. Dopo alcuni istanti Guru Gobind Singh mandò un altro dei suoi amati con il messaggio che doveva seguire Bhai Joga e i genitori. In quei giorni non esistevano treni o altri mezzi veloci di trasporto, dunque dovettero camminare per tutto il tragitto da Anandpur Sahib, dove viveva Guru Gobind Singh, a Peshawar, una distanza notevole.
Dopo l’arrivo di Bhai Joga a casa, furono fatti i preparativi per il matrimonio. Il giorno del matrimonio, secondo la tradizione indiana, fanno quattro giri intorno alla deità per completare la cerimonia. Bhai Joga aveva completato solo i primi due giri, quando apparve il messaggero di Guru Gobind Singh, che aveva seguito Bhai Joga, con il messaggio di Guru Gobind Singh: “Lascia ciò che stai facendo e vieni immediatamente”.
Bhai Joga lesse il messaggio e voleva partire subito senza nemmeno completare la cerimonia. Gli amici e i familiari dissero: “Non ci vorrà molto per completare gli altri due giri”. Ma non egli non prestò ascolto perché voleva obbedire al Maestro alla lettera. Se ne andò nel mezzo della cerimonia e si mise in viaggio per Anandpur Sahib. Sul tragitto doveva trascorrere la notte in una città chiamata Saharanpur e lì la mente cominciò a tribolarlo. Come diceva il Maestro Sawan Singh Ji: “La mente è dentro di noi e trova molti modi diversi per ingannarci”. Dopo aver fatto qualcosa di buono, la mente ci fa pensare che noi abbiamo fatto qualcosa di buono, poi si gonfia d’ego. Dunque Bhai Joga prese a pensare: “Guardami, sono un grandissimo devoto, ha fatto un grandissimo sacrificio. Ho lasciato quella donna che era bella come una fata, nel mezzo della cerimonia di matrimonio, e sto per andare dal Maestro. Sono un grande devoto”. Quando prese a pensare in quel modo, la lussuria lo tribolò e decise di andare da una prostituta. Quando arrivò dalla prostituta, essendo una prova del Maestro, il Maestro Sawan Singh diceva: “Un vasaio mette una mano dentro il vaso mentre dall’esterno lo colpisce”.
Quando Bhai Joga arrivò dalla prostituta, c’era una guardia che gli disse: “Non puoi salire dalla prostituta ora perché c’è una persona molto importante, torna più tardi”. Tornò più tardi e ancora gli fu detto la stessa cosa dalla guardia. Si proseguì così e alla fine, alle tre del mattino, quando tornò dalla prostituta, la guardia lo rimproverò: “O mio caro, hai l’aspetto di un discepolo del perfetto Maestro. Non è ora di meditare per te? Perché ti prendi la briga di andare da una prostituta?”
Ciò commosse il suo cuore e si rese conto del proprio errore: riprese subito il viaggio verso Anandpur Sahib. Arrivò e si presentò a Guru Gobind Singh per avere il suo darshan. Sapete che se non avete dormito bene, il giorno seguente è difficile rimanere svegli. Allora Bhai Joga chiese: “Maestro, come mai? Non hai dormito bene la scorsa notte?” Guru Gobind Singh rispose: “Sì, la notte scorsa stavo facendo la guardia a uno dei miei amati”.
Allora Bhai Joga realizzò che Guru Gobind Singh non stava facendo la guardia a nessun altro se non lui stesso. Cadde ai suoi piedi e si pentì. Il significato è che se manteniamo la brama che abbiamo avuto per il Maestro in occasione del primissimo incontro con lui, solo allora possiamo progredire sul Sentiero. Spesso vi ho citato le parole di Kabir Sahib: “Se riuscissimo a mantenere per tutta la vita la brama per il Maestro che abbiamo avuto il primissimo giorno, che dire della nostra liberazione… possiamo liberare un milione di altri”.
Perciò se per tutta la vita mantenete l’entusiasmo, se mantenete l’amore, la brama e il dolore della separazione che avevate nei primissimi incontri con il Maestro, non c’è bisogno di preoccuparsi della vostra liberazione: potete perfino aiutare gli altri a conseguire la liberazione”.


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