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Surat Shabd Yoga
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 "Abbandonare il nostro volere"

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D I S C U S S I O N E
n/a "Abbandonare il nostro volere"
Sant Ajaib Singh Ji

domande e risposte del 27 settembre 1987, Sant Bani Ashram, Villaggio 16PS, Rajasthan, India

DOMANDA: Maestro, per favore ti andrebbe di parlare a proposito dell’abbandonare il nostro volere. Quali sono gli impedimenti e quali i fattori d’aiuto?
SANT JI: Prima di tutto la mente vi ostacola: crea egoismo e molti altri ostacoli, molti altri impedimenti senza permetterci di abbandonare il nostro volere al Maestro. Essa possiede tante altre forze, crea lussuria, ira, avidità, attaccamento ed egoismo; vi sono numerosi altri trucchi con i quali erge sempre un muro tra noi e il Maestro. È ben difficile abbandonare il volere al Maestro.
Ho parlato spesso del fatto di condurre la vita di un bambino di quaranta giorni. Sapete che un bimbo di quaranta giorni non possiede alcuna gelosia o inimicizia verso nessuno, nutre solo amore per tutti.
Non conosce nemmeno sua madre, tuttavia, essendosi abbandonato a lei, è accudito in ogni modo. Può anche non ricordare il viso della madre, però può sentirne il profumo e può persino, sentendone i passi, sapere che la madre è arrivata e sarà accudito. Vedete che un bambino di quaranta giorni non serba alcuna gelosia, conosce solo l’amore; ogniqualvolta ha bisogno di qualcosa, sa solo piangere. Essendosi abbandonato alla madre, non deve preoccuparsi di nulla, per questo non ha difficoltà. Come quel bimbo di quaranta giorni, quando noi ci abbandoniamo al Maestro, quando abbandoniamo il volere al Maestro, non dobbiamo preoccuparci di nulla. Se abbiamo fede in Lui, se abbiamo fiducia in Lui, anche noi sentiamo il suo profumo come un bambino sente quello della madre: allora sappiamo che nell’intimo è seduto il nostro Beneamato Maestro. Quando entriamo nell’intimo, con fede in Lui, ci abbandoniamo a Lui e non dobbiamo fronteggiare alcuna difficoltà. Perdiamo pure tutte le passioni; non ci creano più alcuna difficoltà. Quando sappiamo che l’amato Maestro è seduto dentro di noi, e se, con fede in Lui, entriamo nell’intimo, allora tutte le virtù si sviluppano dentro di noi e rimuoviamo completamente i tratti negativi. Da quel punto in poi l’egoismo è fuori discussione, perché una volta entrati interiormente e abbandonatisi al Maestro, ci rendiamo conto che tutto ciò che accade è compiuto dal Maestro stesso. Egli è il Creatore, è il Sostenitore, sta facendo ogni cosa.
Pertanto una volta abbandonatisi al Maestro ed entrati interiormente, non abbiamo più alcuna difficoltà e incominciamo a vivere la vita di un bimbo di quaranta giorni.
Cari amati, leggendo i libri dei Maestri e meditando un po’, possiamo ottenere un po’ di fede nel Maestro, possiamo incominciare a dire che ci siamo abbandonati al Maestro e che egli è l’unico fautore. Possiamo pur parlare in tal senso, ma è dimostrato che coloro i quali elogiano il Maestro in questo modo, che mostrano all’esterno di avere così tanta fede nel Maestro, lo fanno solo fintantoché godono di buona salute, fintantoché hanno possedimenti materiali e tutto procede bene per loro esteriormente. Nondimeno nel momento in cui qualcosa va storto nella loro vita, supponete che si ammalino o che vengano meno i possedimenti, o se qualcos’altro va storto nella loro vita, perdono fede nel Maestro. Non si rendono conto che tutto ciò che ottengono, è dovuto ai loro stessi atti.
Il Signore Krishna disse al discepolo Udo: “O Udo, do sempre tre cose a coloro con i quali sono compiaciuto. Queste tre cose sono: mancanza di rispetto, cattiva salute e povertà”. Disse: “Quando sono felice con uno dei miei discepoli, gli do sempre queste tre cose perché so che quando viene criticato dalla gente, quando si ammala e ha difficoltà economiche, mi ricorda di più e si avvicina ancor di più al Signore Onnipotente. Ecco perché do sempre queste tre cose a quegli amati con i quali sono molto compiaciuto”.
Intendo dire che quando sopraggiunge la tempesta, anche gli alberi più possenti vengono sradicati. Dire che ci siamo abbandonati al Maestro, senza entrare interiormente, è una falsità perché finché non vediamo che il Maestro è l’unico Fautore, non possiamo abbandonarci totalmente a Lui.
Swami Ji Maharaj dice: “La mente è una tale cosa che a volte verrà da voi come amica e con amore tenterà di convincervi a non praticare la devozione del Signore. A volte si presenterà da voi come nemica e tenterà di spaventarvi, intimidirvi e in quel modo cercherà di allontanarvi dalla rimembranza del Signore Onnipotente. Ha molti altri modi, molti altri trucchi. Il suo compito è di controllare che nessuna anima pratichi la devozione del Signore”.
Anche Swami Ji Maharaj dice: “Quando il Maestro mise alla prova la mente, essa lasciò la Musica divina”. Ci dice che quando il Maestro mette alla prova il discepolo, la maggior parte degli amati abbandona il Maestro, smette di ascoltare la Musica Divina, lascia le pratiche. È dimostrato che quando le persone devono affrontare le difficoltà nella loro vita, spesso lasciano il Maestro, anche se è un fatto che qualunque cosa uno debba soffrire è in base alle azioni del passato.
Nessuna madre è contenta di vedere la sofferenza del figlio; parimenti nessun Maestro è felice quando vede i propri discepoli infelici. Ma il discepolo paga qualsiasi karma compiuto nella vita passata ed ecco perché soffre. Anche in quella situazione i Maestri elargiscono molto grazia ed estendono sempre tutto l’aiuto fattibile, eppure il discepolo deve per lo meno pagare una piccola parte di qualsiasi karma abbia commesso. Quando queste cose accadono, la maggior parte degli amati lascia il Maestro e incomincia ad avere sentimenti negativi verso il Maestro.
C’era un Mahatma che entrava interiormente; aveva meditato molto ed aveva pure numerosi discepoli. Era un ottimo Mahatma di natura elevata. Soleva camminare su una strada particolare dove viveva una prostituta, la quale possedeva un cane con una bellissima coda. Ogni giorno quando il Mahatma passava di fronte alla casa della prostituta, ella usciva e gli chiedeva: “Mahatma Ji, la tua barba è migliore della coda del mio cane?” Il Mahatma non rispondeva mai, rimaneva in silenzio e proseguiva nel cammino. Con tutta umiltà non rispondeva mai.
Passarono molti anni e la prostituta seguitò ad assillare il Mahatma ponendogli quella domanda, però egli era così paziente, così amorevole che non rispose mai e non s’incollerì mai. I Mahatma sanno quando devono rispondere alle domande e solo loro sanno come devono preparare le anime. Quando arrivò la fine del Mahatma, era notte; disse ai discepoli di andare a chiamare quella donna. Sebbene fosse una prostituta, agli occhi del Mahatma era una donna. Sapeva che stava facendo quel lavoro negativo solo a causa della mente, ma sotto la mente sudicia c’era un’anima pura, per questo disse: “Andate a chiamare quella donna”.
Molti discepoli che non erano ancora perfetti, incominciarono ad avere sentimenti negativi per il Mahatma. Presero a dire: “Guardate un po’ questo vecchio. Adesso sta per perdere tutto quello che ha guadagnato durante la vita, perché ora giace sul letto di morte eppure pensa alla prostituta”. Non sapevano qual era il segreto dietro alla chiamata della donna, ecco perché incominciarono ad avere quei pensieri e addirittura molti lo lasciarono. Ma alcuni discepoli che entravano nell’intimo e avevano visto la vera gloria del Maestro, non ebbero sentimenti negativi per lui, andarono subito dalla prostituta per chiederle di venire dal Maestro.
Quando ella arrivò, il Mahatma le chiese: “Cara figlia, puoi chiedere la tua domanda, perché ora sono in una posizione di rispondere”. La prostituta replicò: “Maestro, perché non hai risposto prima? Non hai mai detto una parola, ora mi rendo conto di aver commesso un errore; perché ti ho chiesto una domanda così sciocca?”
Il Mahatma disse: “No, cara figlia, la tua domanda era corretta, era positiva per te; io non ero in una posizione di rispondere. Conosco la qualità della mente: non sappiamo mai quando la mente sta per ingannarci, ecco perché non ho mai voluto dirti che la mia barba era migliore della coda del cane. Essendo giunta la fine e non avendo permesso alla mente di beffarmi, oggi so che la mia barba è milioni di volte meglio della coda del tuo cane ed ecco perché rispondo alla domanda”.
Quella prostituta rimase così impressionata e commossa dall’umiltà, dalla pazienza del Mahatma che anche il suo cuore cambiò e subito cadde ai piedi del Mahatma: “Maestro, da oggi in poi ti giuro che non commetterò mai più quell’atto. Benedicimi gentilmente ed elargiscimi la grazia”. Così anche lei fu liberata dalla grazia del Mahatma. Intendo dire che quei Mahatma che entrano nell’intimo, coloro che si sono abbandonati al Maestro, coloro che vedono il Potere di Dio all’opera in ogni essere, in ogni foglia, in ogni creatura, e coloro che si sono arresi a Dio Onnipotente – solo loro conoscono la realtà della mente. E finché non hanno conquistato la mente, non dicono mai nulla con piena fiducia anche se sanno di essere al di sopra della mente. Conoscono sempre il potere della mente, per questo sono sempre molto guardinghi.
Cari amati, solamente coloro che entrano nell’intimo, che vedono il potere di Dio all’opera dentro tutti, possono dire di essersi abbandonati al volere di Dio. Il Maestro Sawan Singh Ji diceva: “Non è una cosa dappoco abbandonare il vostro volere a quello del Maestro. Non è una cosa ordinaria abbandonarvi al Maestro perché dovete mettere da parte i vostri desideri e ambizioni, dovete vivere secondo i desideri e il volere del Maestro. Dovete abbandonare voi stessi completamente e dovete diventare del Maestro”.
Kabir Sahib dice: “Tutte le persone del mondo sono come cadaveri di fronte alla mente, rari sono i cadaveri di fronte al Maestro”. Sapete che il cadavere non ha alcuna scelta propria, la persona che lo pulisce, decide come farlo: se usare un buon detergente e no, se profumarlo o meno, sta completamente a quella persona, il cadavere non ha alcuna scelta.
Nello stesso modo, se diventiamo come un cadavere di fronte al Maestro, non abbiamo alcuna scelta; qualsiasi cosa il Maestro vuole che facciamo, ce la farà fare. Una volta che ci siamo abbandonati al Maestro, una volta che ci siamo arresi al Maestro, non abbiamo alcuna scelta: dobbiamo fare qualunque cosa il Maestro desideri. Una volta che ci siamo abbandonati al Maestro, non possiamo giustificarci per fare qualcosa.
Gli atti negativi ci fanno sempre cadere verso il basso; anche un solo pensiero negativo ci può far cadere dalla sommità di Brahmand. Quando ci abbandoniamo al Maestro e quando vediamo il Maestro all’opera in ogni dove, è fuori discussione commettere un atto negativo. Infatti una volta abbandonati al Maestro, allora scorgiamo la presenza dello Shabd Maestro in ogni dove. Quando sappiamo che è in ogni dove, che sta facendo ogni cosa ed è presente in ogni particella della creazione, allora è fuori discussione fare alcun atto negativo.
Circa trent’anni fa c’era un iniziato di Baba Sawan Singh di nome Baba Gurbachan Singh, che soleva tenere il Satsang nella nostra zona. Avevamo molto rispetto per lui, egli andava nelle case per tenere i Satsang e ovunque si recasse, la gente andava ad ascoltare i suoi discorsi perché teneva dei bellissimi Satsang. Tutti lo amavano e lo rispettavano molto. Una volta fu invitato in una casa per il Satsang e diede un ottimo discorso sulla pace di mente e su come entrare nell’intimo, praticare la devozione del Signore. Quando c’è una funzione in casa come il Satsang, dopo gli indiani di solito servono tè o cibo per il sangat. Così prepararono il tè per tutto il sangat. La famiglia nella cui casa si tenne il Satsang, voleva che il baba venisse in una stanza interna per prendere il tè con la famiglia, dopo che tutti gli amati del sangat avevano bevuto il tè: incominciarono a servire il tè al sangat. Il baba notò che non gli fu offerto il tè per primo, che il sangat lo aveva ricevuto prima, e allora si arrabbiò, cambiò colore e prese ad agire in modo strano proprio dove aver dato un discorso così bello sulla pace di mente. Dopo qualche tempo il capofamiglia arrivò e chiese al baba di entrare nella stanza interna per bere il tè. Ma egli era così tanto controllato dalla collera che non riuscì a proferire una parola, espresse solo la propria ira. I familiari erano impauriti, gli portarono subito il tè proprio lì sul podio. Il baba era controllato dalla collera a tal punto che si tolse il turbante e disse: “Ora versate questo tè sulla mia testa”. I presenti testimoniarono l’accaduto. I satsanghi sapevano come la mente inganna e come ci fa cadere anche se abbiamo raggiunto la nostra destinazione, come ispira a fare tutte queste cose. Conoscevano la condizione della mente, così non era una cosa insolita o sorprendente per loro. Ma per i non iniziati era piuttosto inconsueto, perché solo pochi minuti prima aveva dato un meraviglioso discorso e insegnava alla gente come controllare la mente, come non cadere nelle trappole della mente, come rimanere in pace, in silenzio e cose simili, ma ora che stava facendo? Non stava facendo ciò che predicava; era molto insolito per loro, e tutti batterono le mani e se ne andarono.
Intendo dire che coloro i quali si sono abbandonati al Maestro, conoscono i trucchi della mente e non le permettono mai di ingannare. Mentre coloro che non si sono abbandonati al Maestro, anche se parlano della pace di mente e dei trucchi della mente, possono esserne facilmente beffati. Spesso ho parlato della meditazione dei primi due Nomi che praticai per diciotto anni in continuazione dopo l’iniziazione di Baba Bishan Das. Praticai quella meditazione con regolarità, senza considerarlo un fardello, per diciotto anni, seduto in una stanza sotterranea. Nel villaggio dove vivevo avevo costruito una stanza sotterranea per meditare. Sin dalla fanciullezza non ho mai avuto l’abitudine di uscire nel mondo e di incontrare le persone; volevo sempre rimanere solo. Ecco perché ho sempre costruito stanze sotterranee per praticare la devozione. Pur avendo meditato per diciotto anni in continuazione, verso la fine la mente prese a beffarmi. S’insinuarono pensieri come: “Hai meditato per così tanto tempo, ma dove sei arrivato? Che cosa hai ricevuto?” Pensieri simili presero a infastidirmi.
Una volta accadde che uscii dalla stanza sotterranea e m’incamminai. Percorso circa cento metri, non so donde venne questa voce: “Non scoraggiarti, non avvilirti”. Subito mi resi conto che un trucco della mente mi aveva fatto uscire dalla stanza sotterranea e sapevo che dovevo tornare per riprendere a meditare. Così tornai e continuai la mia meditazione finché il Maestro mi elargì la grazia.
Cari amati, intendo dire che se fate qualcosa di buono nella causa del Maestro o per il Maestro, non inorgoglitevi. Dimenticate subito che avete fatto qualcosa di buono per la causa del Maestro o per il Maestro, non permettete all’ego di penetrare in voi perché il Maestro che è seduto dentro di voi, vi sta elargendo molta grazia. Se perdete tutta la grazia creando egoismo in voi, allora non è un buon affare. Il Maestro è seduto dentro di voi, sa ogni cosa che state facendo, ed è l’unico a ispirarvi a meditare. Molte volte quando il Maestro vi fa meditare con la sua grazia, vi porta anche interiormente, vi da esperienze meravigliose. Se avete meditato e avete avuto esperienze, non permettete alla mente di creare questo pensiero: “Hai meditato, hai queste esperienze meravigliose”. Infatti quando incominciate a pensare di aver fatto qualcosa o aver ottenuto qualcosa, allora dietro quel pensiero le forze della mente sono già pronte a conquistarvi. Creeranno egoismo e altre passioni, vi faranno cadere agevolmente. Ecco perché anche dopo aver meditato, anche dopo aver avuto esperienze, non pensate di aver fatto qualcosa o che sia per i vostri sforzi. Siate sempre grati al Maestro perché in effetti il Maestro è Colui che vi sta dando tutte le esperienze. Anziché dare un’opportunità alla mente di creare pensieri negativi dentro di voi, siate subito grati al Maestro e il modo migliore di rimanere grati al Maestro è di avere la sua costante rimembranza.
Miei cari, qualsiasi cosa positiva ci capiti, diciamo sempre di esserne gli artefici. Una volta accadde così che alcuni discepoli di Guru Arjan Dev Ji Maharaj andarono da lui e dissero: “Maestro, nei tuoi scritti leggiamo che ‘Dio Onnipotente fa ogni cosa, niente è nelle mani dell’uomo’, se questo è vero, allora perché l’uomo soffre?”
Il Maestro rispose: “Sì, è vero che il Maestro è l’artefice di tutto; un uomo non può fare nulla, perché nulla è nelle sue mani. Ma noi soffriamo solo quando diciamo che stiamo facendo qualcosa. Quando vi capita qualcosa di positivo, dite sempre di averlo fatto voi. Ma voi avete i vostri desideri, le vostre aspirazioni, e al fine di adempierli, compite atti, positivi e negativi. Se qualcosa va storto, non confessate mai che è a causa del vostro errore. Biasimate sempre il Maestro, biasimate sempre Dio Onnipotente ogniqualvolta dovete affrontare qualsiasi sofferenza”.
Dunque cari amati, quando vi abbandonate al Maestro, dovete rinunciare ai desideri, dovete rinunciare al vostro volere e dovete vivere nel Volere di Dio. A coloro che si sono abbandonati al Maestro, a coloro che hanno abbandonato il proprio volere a Dio Onnipotente, non importa se viene la sofferenza o se vivono comodamente.
Apprezzo e rispetto gli amati che mi scrivono lettere, tuttavia nella maggior parte delle lettere che ricevo, i diletti o parlano di elargire la grazia perché i mariti non vanno d’accordo, o le mogli non vanno d’accordo, oppure hanno difficoltà di salute o se qualcuno ha commesso karma negativi e deve andare in prigione, chiede la benedizione. Intendo dire che la maggior parte delle persone scrive sempre a proposito delle difficoltà fisiche e vuole sempre l’aiuto e la grazia del Maestro per eliminarle. Ci sono pochissimi che chiedono il Naam o la grazia del Maestro. Non è che tutti scrivano delle difficoltà e che nessuno chieda il Naam; ci sono persone che scrivono per il Maestro, che scrivono per il Naam, ma la maggior parte degli amati chiede sempre delle difficoltà fisiche. Non si rendono conto che in questa vita soffrono per la reazione degli atti compiuti nelle vite precedenti. Anche se i Maestri Santi sono pienamente preparati prima di venire nel mondo, lavorano ben duramente per dimostrare agli altri che senza il duro lavoro non possiamo avere buon esito sul Sentiero dei Maestri, altrimenti non hanno bisogno di fare tutte le cose che fanno nella prima parte della loro vita. Cercano il perfetto Maestro e fanno tutte queste cose per mostrare agli altri che finché non cerchiamo il Maestro, finché non lavoriamo duramente, non possiamo arrivare al perfetto Maestro e non possiamo ottenere l’iniziazione, in caso contrario sono già pienamente preparati. Quando arriva il tempo prestabilito per incontrare il perfetto Maestro, quell’incontro è organizzato dal Signore Onnipotente e avviene per conto suo. Quando un tale Maestro, una tale anima arriva dal perfetto Maestro, non chiede al Maestro di eliminare le difficoltà fisiche, chiede solo che il perfetto Maestro spenga la sete di spiritualità che ha avuto da età ed età. Sapete già di quando incontrai il beneamato Maestro Kirpal. Prima di incontrarlo non ne avevo conosciuto nessun critico o nessun ammiratore. Fu solo per sua grazia che mi rese possibile di giungere ai suoi piedi. Quando lo incontrai, non gli chiesi a quale casta appartenesse, a quale religione appartenesse, se fosse sposato o meno.
Non gli presentai nessuna difficoltà, non gli feci nessuna domanda perché nella profondità della mia anima sapevo che: “Egli è il mio perfetto Maestro, è il mio Salvatore ed è venuto per liberarmi”. Non gli presentai nessuna cosa del mondo, il mio ricettacolo era pronto ed egli era un grande Maestro, mi diede l’iniziazione e colmò il mio ricettacolo.
Noi tutti possiamo farlo perché il nostro ricettacolo è già pronto. Quando siamo destinati a incontrare il perfetto Maestro, significa che stiamo preparando il ricettacolo. In effetti allorché incontriamo il Maestro, giungiamo dal Maestro, se anche noi non gli addossiamo le difficoltà, se chiediamo solo il Naam e la sua grazia, allora egli può agevolmente riempire il nostro ricettacolo e liberarci, rendere ogni cosa più facile. Non tutti possono farlo perché è difficile. Non sappiamo quante nascite occorrono ad un’anima per sviluppare un’attitudine simile. Uno deve fare molti atti religiosi, deve meditare molto nella vita passata al fine di sviluppare una simile attitudine quando giunge dal perfetto Maestro. C’era un iniziato di Guru Nanak Dev Ji di nome Baba Budha; visse a lungo sino all’epoca del sesto Guru, Guru Har Gobind. Quando arrivò da Guru Nanak, era giovanissimo, ma era molto intelligente e parlava di cose positive come fanno gli anziani, così Guru Nanak disse: “Sei giovane eppure parli come gli anziani, come i vecchi, per questo da oggi il tuo nome sarà ‘Baba Budha’ (Budha significa ‘una persona anziana’)”. Visse fino all’epoca di Guru Har Gobind, il sesto Guru, e ogni volta quando stabilivano il successore di Guru Nanak, Baba Budha soleva eseguire la cerimonia del tilak, la cerimonia per stabilire il successore al trono di Guru Nanak. Lo fece per tutti i cinque Guru dopo Guru Nanak.
Una volta Baba Budha domandò a Guru Har Gobind: “Maestro, ho eseguito questa cerimonia per così tanto tempo e sono molto anziano, devo ancora meditare? Sono molto vecchio e penso che ora dovresti esimermi dal dovere di meditare”.
Guru Har Gobind, che si era abbandonato al Maestro, sebbene egli stesso fosse diventato la Forma del Maestro - era lui stesso un Maestro – non aveva abbandonato le pratiche. Sapeva come, pur avendo raggiunto la Vera Casa, uno deve rimanere come un bimbo di fronte al Maestro e come deve abbandonarsi al Maestro, ecco perché disse a Baba Budha: “Ascolta, Baba Budha, anche se hai fatto questo lavoro e meditato per così tanto tempo, se smetterai di meditare ora, immagina un po’: che cosa imparerà il sangat da te? Se smetterai di meditare, anche loro ti seguiranno e non mediteranno più, il che non è positivo”.
Il significato è che coloro i quali si sono abbandonati al Maestro, anche dopo aver raggiunto la Vera Casa, anche se sono diventati la Forma del Maestro, gioiscono sempre delle pratiche spirituali. I Maestri che hanno raggiunto la Vera Casa, anche se lavorano come Maestri sul piano fisico, ogni mattino si alzano e meditano. Si presentano sempre di fronte al loro Maestro come un bimbo, e chiedono sempre le benedizioni e la grazia del Maestro sebbene essi stessi siano in grado di fare ogni cosa. Lo fanno solo perché hanno abbandonato il proprio volere al Maestro e non fanno nulla per conto loro; lavorano sempre nel volere del Maestro.
Si può dire molto di più riguardo all’abbandono del proprio volere, perché questa è la storia dell’amore che non ha fine. Posso parlare su questo soggetto. Potrei perfino scrivere libri su questo argomento: di come abbandonare noi stessi al Volere del Signore, ma penso che quel che ho detto oggi sia sufficiente e che dovremmo sempre ricordarlo e seguirlo.


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