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Surat Shabd Yoga
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 "Lo streaniero della Galilea" - Capitolo 5
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Inserito il - 21 Ottobre 2023 :  21:25:54  Visualizza profilo  Modifica messaggio  Rispondi citando  Visualizza l'indirizzo IP dell'utente
Capitolo 5
Beati i puri di cuore
Russell Perkins

dal libro “Lo straniero della Galilea”

La beatitudine espressa in Matteo 5, 8 è:

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Abbiamo visto che ognuna di queste benedizioni o beatitudini comprende tutte le altre e rappresenta un modo leggermente diverso di vedere l’insieme. Il Discorso della Montagna, nella sua interezza, è una serie di scorci di realtà, un tentativo di trasmettere ciò che potrebbe significare vedere dalla prospettiva dei Maestri. Queste benedizioni sono scorci ancora più grandi, pari a un preludio e un paradigma del Sermone nel suo complesso.
Ognuna di esse potrebbe essere definita un tipo di legge condizionale. Non si tratta di una vera e propria legge, ma di un modo di rappresentare la realtà. «Se fai questo e questo, seguirà quello e quello», «questo porta a quest’altro». Gesù, il Maestro, sta dicendo: «Forse non vi è chiaro che questo è vero, ma in realtà lo è. Lo vedo, e se lo vedete, vi farò vedere. Io lo vedo, e se diventate beati, anche voi vedrete come me».
La parola greca chiave di questo versetto (katharoi) è la radice di «catarsi»; significa sia «pulito» sia «puro». L’idea è la stessa del verso di uno dei bhajan: «Purificaci, o Dio, purificaci». «Pulizia» e «purezza» sono sinonimi che si riferiscono all’assenza di sporcizia, definita come tutto ciò che distrae dallo scopo o che lo intralcia. Nel Salmo 24 c’è una bellissima sezione in cui si fa lo stesso discorso:

Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l'ha fondato sui mari
e sui fiumi l'ha stabilito.
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli,
chi non giura con inganno.
Egli otterrà benedizione dal Signore,

L’idea di base è quella della purezza rituale, interiorizzata, trascesa e applicata alle questioni interiori. Alla base di tutti i rituali – il rituale ebraico che è alla base della missione e dei sermoni di Gesù, le cerimonie indù, sikh e musulmane che costituiscono il fondamento degli insegnamenti del Maestro Kirpal e di Sant Ji – c’è la comprensione che il loro vero significato sta nel trascendere gli atti esteriori e nell’applicarli alle questioni interiori. Proprio come «essere ritualmente puri» richiede la pulizia del corpo, l’astensione dai rapporti sessuali e il digiuno, allo stesso modo il nostro io interiore deve essere pulito e purificato.
L’idea di fondo è quella della «indivisibilità» che, come ha detto il Maestro Kirpal ne La Corona della Vita, è il significato di «individuo». Abbiamo considerato questa idea quando abbiamo esaminato il versetto: «Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati». Avere fame e sete di giustizia è ciò che i Maestri chiamano «passione dominante», il che significa che desideriamo così tanto raggiungere la meta spirituale da non lasciare che nulla ci ostacoli. In questo passo l’idea è molto simile: il «puro di cuore» è colui che è così indiviso nel cuore dell’essere che qualsiasi cosa desideri, viene da sé. Ci sono numerosi nessi a questo negli scritti dei Maestri.
Spesso il Maestro Kirpal ha fatto riferimento a questa beatitudine, a volte in relazione alla castità e alla sessualità, a volte in modo più generico. Nel suo discorso Sulla lussuria e la collera, ha alluso a questo versetto diverse volte, sia esplicitamente che implicitamente:

«Un uomo perfetto deve essere puro in ogni parola e in ogni azione della propria vita. Lo Spirito Santo viene a lui dal giorno in cui diventa puro». Conoscete l’estrema necessità di essere puri in pensieri. Ecco perché Cristo ha detto: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio e non gli altri». (Sat Sandesh, giugno 1975, p. 6)

Nei Discorsi del mattino, il Maestro Kirpal fa riferimento a questa particolare benedizione molte volte. Nel discorso numero 33, Che cos’è l’amore?, dice che la purezza deriva dal dare a Dio tutto il proprio cuore; inoltre, ribadisce ciò che tutti i Maestri hanno detto spesso sull’importanza cruciale di acquisire il punto di vista dei Maestri e di fare nostre le loro priorità. Afferma:

Che cos’è l’amore? Tutti sostengono di amare Dio, ma che cos’è l’amore? L’amore è il frutto di un albero. È l’ultima meta che si sviluppa e spunta dentro di noi. Dovremmo amare Dio con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con tutta la nostra forza. C’è un cuore o due? C’è solo un cuore e potete darlo solo a qualcuno che amate. Se lo date a qualcuno, allora che cosa vi rimane? Penserete nel medesimo modo come lui pensa, non nel vostro. È la meta finale. Il Signore Krishna disse: «O mio discepolo, il cuore è solo uno e se l’è preso il Signore Krishna». Se il vostro cuore è già stato consacrato al Dio nell’uomo, allora non rimane nulla da dare a Dio separatamente. Innanzi tutto, il nostro cuore dovrebbe essere unito, non diviso. Potete darlo solo quando è integro.
Una volta il nostro Maestro stava pronunziando un discorso e disse: «Va bene, se qualcuno di voi può dare il cuore, va direttamente in paradiso». Si alzò un uomo e disse: «Bene, offro il mio cuore». Il Maestro gli chiese: «Lo hai controllato?» «No», rispose l’uomo. «Allora come puoi donarlo?» disse il Maestro. Potete dare solo qualcosa che sia sotto il vostro controllo, in vostro possesso. Il cuore è trascinato dalle facoltà esteriori qua, là e dappertutto. Finché non si concentra, come potete darlo? Non abbiamo alcun controllo sul cuore. È trascinato via in così tanti modi.
Stavo appunto parlando dell’amore. L’amore è l’ultimo frutto di un albero. Noi desideriamo, vogliamo avere qualcosa, ma è solo un desiderio. Si dona il cuore solo quando lo ritirate da tutte le cose esterne ed è sotto il vostro controllo. Così ci sono vari passi che conducono a questo controllo. Noi vogliamo, desideriamo che sia fatto così o cosà, ma non lo facciamo. Ci sono alcuni stadi prima di acquisire questo e il primo è: «Se mi amate, seguite i comandamenti». Quali sono? «Ama il tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza». C’è la parola «cuore». Con tutto il tuo cuore, non un cuore diviso qua, là e dappertutto. Così fate che sia integro, per prima cosa. Noi amiamo Dio per qualche predilezione, per qualche desiderio, potreste dire. Così l’ABC comincia da: «Prestate attenzione ai miei comandamenti». Per esempio, in Occidente quando il poliziotto incaricato dice «alt», la gente si ferma. L’ho osservato personalmente quando mi trovavo lì. Se il Maestro o qualcuno che voi amate, dice «alt», allora fermatevi, non fate un altro passo. Ma noi seguiamo i suoi comandamenti? Non lo facciamo, allora dov’è il nostro amore? Lo agogniamo, vorremmo amare, ma non l’abbiamo ancora conquistato. Non abbiamo posto la prima pietra dell’edificio dell’amore. Le fondamenta cominciano quando seguite i suoi comandamenti. Poi egli dice: «Va bene, dedicate tempo regolare alle meditazioni. Eliminate tutte le imperfezioni di giorno in giorno». Diciamo di non avere tempo per tenere i diari. Non abbiamo nemmeno cominciato, per non parlare dell’amore! Inoltre, se desideriamo ricordare, amare qualcuno, penseremo sempre a lui. Si dice di un certo Majnu (era innamorato di Laila) che una volta sia stato visto abbracciare le zampe di un cane. La gente gli chiese: «Che cosa fai, sei impazzito?» «No, no», rispose, «a volte ho visto questo cane entrare nella strada di Laila che io amo». Se amiamo qualcuno per amore del Maestro o per amore di Dio, ecco un segno che l’amore per il vostro Amato, per il Maestro cresce. Sono le prime pietre delle fondamenta, non ancora l’amore, badate! L’amore è un’effusione del vostro cuore. Il cuore è uno e quando è consacrato a qualcuno, allora che cosa rimane? Maulana Rumi dice: «Quando avete accettato il Maestro una volta per tutte, anche il Profeta e Dio sono in lui». Così noi rispettiamo Dio una volta che abbiamo consacrato il cuore a colui nel quale si è manifestato. (pp. 153-154)

Nel Discorso del mattino numero 38, Come sviluppare le virtù del Maestro, il Maestro Kirpal racconta una bellissima storia su cosa significhi essere puri di cuore. Si tratta di Shivri, una donna Bhilni di casta molto bassa che violò la legge rituale indù assaggiando alcune bacche per essere sicura che fossero abbastanza dolci da dare al Signore Rama.

Il Signore Rama fu esiliato per quattordici anni e una donna chiamata Shivri, che viveva nel deserto, seppe che stava arrivando. Pensò che sarebbe venuto a piedi nudi e che le spine gli avrebbero punto i piedi. Così cominciò a togliere tutte le spine dalla strada. L’amore non si sviluppa solo vedendo, anche ascoltando. Si domandava che cosa offrirgli da mangiare. Nella landa non c’era molta scelta fuorché le bacche. Cominciò a raccoglierle e ad assaggiarle ad una ad una per tenere soltanto quelle più dolci. C’erano anche grandi yoghi che vivevano nel deserto, ma il Signore Rama non andò da loro. Si recò da Shivri, che aveva pulito la strada per lui affinché le spine non gli pungessero i piedi, e che aveva assaggiato le bacche per accertarsi che non fossero aspre. Così l’amore non conosce leggi. Dopo la visita di Rama a Shivri, andò dagli yoghi. Dove vivevano c’era un laghetto pieno di insetti e gli yoghi chiesero al Signore Rama di lavarsi i piedi per purificarlo. Il Signore Rama si rifiutò e disse: «No, siete grandi yoghi ed è meglio che voi laviate i piedi nel laghetto, dopo di che sarà pulito». Così fecero tutti gli yoghi, ciononostante il laghetto non fu mondato dagli insetti. Poi dissero: «Tu sei il Signore Rama, se lavi i piedi nello stagno, senza dubbio diventerà limpido». «Va bene», rispose il Signore Rama, «tenterò». Lavò i piedi nel laghetto, ma rimase come prima. Il Signore Rama disse agli yoghi di lavare i piedi a Shivri (che detestavano) e quando le lavarono i piedi e misero l’acqua nello stagno, divenne pulito.
Chi ama Dio, naturalmente ama il Maestro, il Dio in lui. Non è una questione di ostentazione. Quello stesso Potere è dentro di voi e conosce ogni vostra azione, qualsiasi cosa facciate e perché. Sa il corso dei vostri pensieri. L’amore non conosce esibizione. Conosce servizio e sacrificio. Il simbolo esteriore dell’amore è che parlate con dolcezza, umiltà. Che cosa dovete fare quando lo avete sviluppato? Dovete avere pazienza, perseveranza e andare avanti. Proprio come una falena che si brucia nella fiamma di una candela, ma non emette mai alcun suono. Così coloro che desiderano amare Dio, non dovrebbero curarsi della loro fama, reputazione, onore o cose del genere. Dovrebbero abbandonare ogni grandezza conquistata nel mondo e deporla ai Suoi piedi. Se sacrificassero la vita, anche allora non lo menzionerebbero. Ecco un punto delicatissimo, direi. Quelli che hanno amore per Dio o il Dio nell’uomo, ebbene è una relazione tra loro e il Dio in lui, e nessun altro. Dovete svilupparla. Per questo dovete essere perseveranti; occorre tempo. Il compito del servitore è di servire, ecco tutto. Sta al Maestro vedere che cosa dargli.
Una volta fu dato ad Har Gobind, il sesto Guru dei sikh, un magnifico cavallo arabo. Guru Har Gobind disse che chiunque avesse recitato il Jap Ji senza l’intromissione di alcun pensiero, avrebbe ricevuto qualsiasi cosa desiderasse. Si fece avanti un uomo che cominciò a recitare e proprio poco prima della fine pensò: «Mi chiedo che cosa mi darà il Guru?» Ricordò il cavallo arabo che era stato donato al Guru e pensò che avrebbe chiesto quello. Terminata la recitazione, il Guru ordinò che gli fosse dato il cavallo. Poi si rivolse all’uomo e disse: «Poveretto, non sai che cosa stavo per darti, volevo darti il mio stesso posto!» Di conseguenza non sta a voi giudicare le cose e chiedere quello che desiderate, bensì sta a lui vedere ciò che è nel vostro miglior interesse. (pp. 188-189)

Nel Discorso del mattino, numero 39, il Maestro Kirpal ha presentato un criterio per la preghiera a cui ha fatto spesso riferimento:

Quale genere di preghiera sarà esaudita? Per prima cosa dovreste chiedere al cuore che cosa desidera. Non consiste solo di ciò che dite con la bocca o di ciò che pensate. Talvolta volete qualcosa e pensate che sia positiva eppure il cuore vuole altro. Non c’è unità. Dovrebbe esserci armonia tra il cuore, le parole e la mente. Sarà esaudita la preghiera invocata dal cuore, espressa con le parole e nella quale abbiamo piena fiducia intellettuale. Cristo disse che se pregate Dio, potreste avere una risposta, ma c’è qualche dubbio. Se chiedete a Dio in nome mio, le possibilità sono maggiori, ma se chiedete a me, avrete quello che desiderate. Che cosa significa? Come può Dio prestare ascolto alla vostra preghiera se non credete nella sua esistenza oppure che non è affatto competente a esaudirla? Inoltre la preghiera deve scaturire dal cuore e dalla mente, le parole devono esprimere la medesima cosa. Non dovrebbero essere diverse e tale preghiera sarà ascoltata. Così quando Cristo disse che se pregate Dio, forse vi darà ciò che volete, ma se pregate Dio nel mio nome, le probabilità saranno migliori, fece ben notare che sarebbe stata ascoltata una preghiera rivolta a lui. Un uomo che pregava Cristo quando era sulla terra, credeva fermamente nella sua esistenza giacché lo vedeva. Per la medesima ragione poteva confidare appieno nella sua competenza.
Quindi, se siamo davvero persuasi, fermamente fiduciosi nel Maestro e nella sua competenza e lo preghiamo con il cuore, la preghiera dev’essere esaudita. I Maestri che vennero nel passato, affermarono che se voi invocaste una preghiera simile, Dio vi afferrerebbe per mano e direbbe: «Va bene, figliolo, dimmi che cosa vuoi?» Mi seguite, che cosa intendo? Dio ascolterà una simile preghiera poiché vede che il cuore, le parole e la mente sono in armonia e avete piena convinzione nella sua competenza a esaudirla. (pp. 190-191)

Nel Discorso del mattino, numero 40, il Maestro descrive La condizione di chi ama Dio o il Maestro:

Chi è un amante? L’amante diviene l’Amato e l’Amato diviene l’amante. Si annullano tutte le differenze di mente, corpo e anima. In poche parole ecco chi è il Guru e chi è il sikh. Quindi cercate di essere interamente e unicamente seguaci. Penso che allora conseguirete ciò che desiderate senza nemmeno chiederlo. Questo è il soggetto di oggi. Dovremmo destarci nell’intimo a Dio o a Dio nell’uomo e dormire all’esterno, il che avverrà quando l’attenzione è concentrata pienamente in lui. L’espressione esteriore dell’anima è l’attenzione e noi siamo attenzione, non è vero? Dio fu l’artefice dell’intera Creazione per mezzo dell’attenzione. Dio disse: «Sono uno e desidero diventare molti» e così fu! Fu creato il mondo. Se ci ritiriamo dal mondo esterno e ci assorbiamo in lui, diveniamo micro-dèi. I libri alludono a queste cose in un modo non così vivido, poiché è una questione pratica. Quindi cercate di essere interamente e unicamente veri seguaci con mente, corpo e anima. Diverrete Maestri. Un giorno vi renderete conto di non essere ciò che eravate prima. Perfino ora, se darete un’occhiata al passato, noterete che siete migliori di prima. Adesso non siete ancora al cento per cento ciò che desiderate, bensì lo siete al dieci, venti, cinquanta per cento; a ogni modo state progredendo. Quindi cercate di divenire un vero seguace del Maestro, al punto di assorbirvi in lui. Allora non saprete chi è in voi, se siete voi o lui, o lui in voi. Diventerete così: «Io, non io ora, bensì Cristo vive in me». Il seguace dovrebbe entrare e assorbirsi, come dire, nel sepolcro del Guru. Questo è il sepolcro (il Maestro indica il petto). Il Maestro vivente vive qui e voi siete lì, così abbandonate il corpo ed entrate nel suo sepolcro. Ecco la meta finale dell’amore e dovete vedere semplicemente a che punto siete. È una grande buona fortuna avere un Maestro vivente, un vero Maestro. Ci sono molti maestri, a centinaia, a migliaia, ma semplicemente fingono o si atteggiano oppure sono ancora sulla via. Chiunque li segua, viene forviato e anche coloro che li aiutano, sono forviati. Inoltre, non si avvantaggiano pienamente del contatto con un vero Maestro. Ecco perché dico: «Se amate il Maestro, dovete seguire i suoi comandamenti». L’ABC comincia da questo. Se divenite come lui, egli è sempre con voi, parla con voi, cammina con voi. Kabir dice: «Ora sono così puro di cuore che Dio mi segue, mi chiama per nome: “O Kabir, o Kabir”. Kabir avanza e Dio lo segue». Dio è alla ricerca di qualcuno che sia desto verso di lui e dorma all’esterno, ecco tutto. (pp. 257-258)

È chiaro che molti modi di intendere le beatitudini confluiscono in questo concetto. Le due parti del detto «beati i puri di cuore» e «perché vedranno Dio» sono importanti perché non solo l’adagio implica che è possibile diventare puri di cuore, bensì che è possibile vedere Dio. Questa convinzione è ben nota nell’insegnamento esoterico. Nella tradizione esoterica ebraica da cui emerse Gesù, e in tutte le forme di misticismo, vedere Dio è l’obiettivo. «Essere svegli», come ha spiegato il Maestro, è un altro modo per dire la stessa cosa.
Il modo per diventare puri di cuore è l’uso del Simran, il processo di rimembranza. Perché? Quando sostituiamo la dolce rimembranza di Dio, onnipresente, inclusivo, ai pensieri quotidiani che ci distraggono e ci frammentano, facciamo un lungo passo avanti per diventare una cosa sola con Lui. Nel discorso del Maestro Kirpal, Che cos’è la vera vita?, tenuto a Los Angeles nel 1963 (pubblicato in Sat Sandesh, ottobre 1975, pp. 6 e oltre), esplora queste idee in modo interessante:

Se i cuori sono puri, sentirete che le piccole cose vi colpiscono. Per questo motivo, essendo il tempio di Dio, dobbiamo mantenere il corpo pulito. E anche mantenetelo pulito nell’intimo, dandogli cibi che non vadano a contaminarlo e vivendo in modo puro: «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio»…
Tulsi ci dice: «Purificate il cuore, la mente». E qual è la purificazione della mente? Non lasciare che nessun altro pensiero, se non quello di Dio, vi si insinui. Anche se vivete nel mondo, tra figli, famiglie, amici, l’ago della bussola deve essere rivolto verso Dio. È Dio che ha dato, è Dio che risiede in loro. Se pensate sempre: tutti gli uomini sono uguali; hanno gli stessi privilegi da parte di Dio e sono nati allo stesso modo; sono le stesse anime incarnate e lo stesso Potere di Dio li controlla nel corpo; i loro corpi sono i veri templi di Dio, allora, naturalmente, avrete rispetto per tutti. Questa è la purezza necessaria per progredire di giorno in giorno…
Abbiamo avuto un evento simile nei nostri Satsang a Delhi. C’erano circa duemila persone sedute e, mentre stavo tenendo un discorso, è spuntato un cobra, un piccolo cobra, e si è messo sul palco proprio come quello (il Maestro indica) di fronte a me. La gente diceva: «Sta arrivando un cobra!» Dissi: «Non importa, continuate pure. Lasciatelo venire e stare qui».
E quel cobra rimase per un’ora intera ad ascoltare i discorsi che si facevano, guardandomi. Quando il discorso finì, sgattaiolò via e la gente disse: «Uccidiamolo».
«Perché? Non ha fatto nulla. Perché ucciderlo?»
Tutto questo per dire che se avete amore per tutti, anche i serpenti non vi faranno del male. Abbiamo un proverbio: «Siate saggi come i serpenti». I serpenti sono molto saggi, badate bene. Quando vedete un serpente e pensate: «Oh, uccidilo!», il pensiero gli arriva e lui si difende attaccando. Se non avete pensieri cattivi nei confronti di nessuno, non vi faranno alcun male. Quindi, vi dico che i pensieri sono più potenti...
Ebbene, scoprirete che «un grammo di pratica vale più di tonnellate di teorie». A cosa serve conoscere i principi se poi non li rispettiamo? Se diciamo: «Di’ la verità» e poi non lo facciamo; se diciamo: «Ama gli altri, non pensare male degli altri» e continuiamo a pensare male degli altri, a che serve saperlo? È un’informazione che si tiene nella testa. «Le scritture dicono così e così; i Maestri dicono così e così». Ebbene, cosa ne pensate? Dovremmo imparare a metterle in pratica. Un uomo colto senza pratica non è meglio di una bestia da soma che porta un carico di libri, di scritture, tutto qui. Quindi è infinitamente meglio praticare che predicare. Prima vivete, poi parlate. Altrimenti, anche se siamo studiosi e abbiamo scritto commenti su certi argomenti che all’apparenza sembrano molto religiosi; anche se leggiamo le scritture e le predichiamo agli altri senza metterle in pratica, che senso ha? In verità, questo tipo di predicazione non ha alcun effetto. Va a segno solo la freccia che viene tirata al petto. Le parole che provengono dal cuore, se le viviamo, hanno effetto per radiazione sul cuore degli altri…
Badate, se non mettete in pratica ciò che dite, le parole non avranno alcun effetto. Penso che al giorno d’oggi ci siano tantissimi predicatori; forse un tempo nessuno lo avrebbe immaginato. E con tutto questo, quanti amanti stanno nascendo? Quanti Santi ci sono? Con tutta la predicazione, la nostra vita non è cambiata. Qual è il motivo? I predicatori non vivono secondo ciò che dicono. Ricordate, ogni vento che colpisce un fuoco ardente e vi passa accanto, gli uomini seduti dall’altra parte avranno venti caldi. E se c’è del ghiaccio (montagne di ghiaccio, tonnellate di ghiaccio, cumuli di ghiaccio) e passa una ventata, l’uomo seduto dall’altra parte avrà un vento freddo.
Quindi, qualsiasi pensiero abbiamo nel cuore e qualsiasi parola pronunciamo, si caricano di quelle stesse cose che sono già presenti. Se un uomo è apertamente molto buono – «sono un uomo molto buono» – e il suo cuore è pieno di passioni e non vive secondo ciò che dicono le scritture, naturalmente qualsiasi parola pronunciata (pur essendo molto dolce) avrà l’effetto del calore. E se c’è un cumulo di ghiaccio e ci mettete sopra una coperta nera che non sembra essere molto fredda, anche in questo caso, chiunque colpisca quel cumulo di ghiaccio, rivestito da una coperta nera, riceverà freddo. Capite il mio punto di vista?
È necessario questo. Un cucchiaio che passa attraverso un piatto dolce, non ne sente il sapore. È il caso delle persone che hanno tanta conoscenza a livello intellettuale, ma non vivono in base ad essa.
Come vi ho detto, un grammo di pratica vale più di tonnellate di teoria. Questa è una cosa. E soprattutto, come vi ho già detto, un cuore puro è essenziale per il progresso spirituale. Non si può pretendere che un re entri in una capanna sporca. Anche un cane non si siede in un luogo impuro: lo pulisce con la coda. Come potete aspettarvi che Dio appaia in un cuore pieno di passioni, avidità, orgoglio, attaccamento o egoismo?
Allora, chi è un Santo? È un uomo come voi, ma si è sviluppato in questo modo. Una sua piccola parola ha più effetto di centinaia di conferenze tenute da altri.

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