Apri la decima porta
Sant Sadhu Ram Ji
su un inno di Swami Ji Maharaj, tratto dal Sar Bachan
26 gennaio 2003 al villaggio 8/A, Rajasthan
Il Guru spiega apertamente, unitevi allo Shabd illimitato.
Ad eccezione dello Shabd non esiste nessun altro modo per trascendere il ricettacolo
del corpo.
Milioni di saluti ai piedi di loto di Maharaj Sawan, Maharaj Kirpal e del Satguru,
Ajaib Singh Ji Maharaj. Miei cari, senza il Guru non esiste devozione poiché
il Guru stesso diventa il devoto e lui stesso annunzia il messaggio. Lui stesso
medita sul Naam e ci fa meditare su di esso. Ma dal nostro punto di vista dobbiamo
modellare la vita secondo i suoi insegnamenti, fare il Bhajan e Simran, obbedire
ai suoi ordini e rimanere felici nella sua volontà. Se la mente acconsentirà
anche ad una sola di queste cose, in quel momento la nostra devozione diventerà
completa. Ma finché la mente non acconsente, come possiamo pretendere
di completare la nostra devozione?
Il Guru è lo Shabd, è onnipotente; risiede dentro di noi nella
forma dello Shabd quando ci dà l’iniziazione. Il Satguru Ajaib
diceva sempre: “La legge di natura provvede acqua all’assetato e
cibo all’affamato”. Miei cari, Sawan Singh Ji Maharaj concesse l’iniziazione.
Lasciò il mondo prima del dovuto poiché gli amati pensavano che
una volta ricevuta l’iniziazione, potessero fare qualsiasi cosa la mente
suggerisse loro, ma non è corretto.
Maharaj Kirpal diede l’iniziazione e cercò di farci capire, ma
anche Lui lasciò il corpo prima. Per molti giorni i Santi cercano di
farci capire, eppure ciò non produce alcun effetto sulle nostre menti.
Le loro parole non ci coinvolgono perché siamo prigionieri della mente
ed essendo sotto l’influsso di lussuria, ira, attaccamento, avidità
ed egoismo, ci prepariamo la strada all’inferno; andremo all’inferno.
Dove altro possiamo andare se non ascoltiamo e non prestiamo attenzione alle
parole del Guru?
Per quasi ventidue anni il Satguru Ajaib ci disse questo e cercò di farci
capire che tutti i rituali sono inutili, è come versare acqua pulita
nel fango. Oggi ci siamo radunati nella corte del Satguru Ajaib e siamo seduti
nella sua rimembranza. Ma anche ora che cosa sta facendo la nostra mente? È
coinvolta in vari pensieri e fantasie; non è in pace. Non ha alcuna fede,
dunque com’è possibile rendere completa la nostra devozione? Dovremmo
avere fede oppure dovremmo meditare. Bisogna fare una cosa o l’altra,
ma al momento non riusciamo a fare nessuna delle due perché anche se
il corpo è seduto qua, pensiamo ad altro.
Nel bani di Kabir Sahib è scritto: “Qualcuno viene per il fidanzamento
e per la cerimonia del matrimonio; qualcuno viene e vuole offrire una rupia
al Maestro”. Offrendo una rupia cerchiamo di compiacere il Guru, ma questa
non è la regola della Sant Mat. Kabir Sahib dice: “Miei cari, dobbiamo
offrirgli la mente”. Il Guru ci ha dato il Naam e quindi anche da parte
nostra dovremmo offrirgli qualcosa, altrimenti il Guru non è compiaciuto.
Noi abbiamo tre cose: il corpo, la mente e la ricchezza. La mente pensa sempre
ad utilizzare il corpo e la ricchezza per fare questo e quello, tuttavia se
le faremo capire che appartengono al Guru, se le offriremo a lui, la mente non
farà sorgere alcuna obiezione.
Nel Guru Granth Sahib è scritto che se lo Shabd è l’artefice
di tutta la creazione, come possiamo rivolgere parole aspre a chicchessia? Se
custodiamo questo angolo di visuale, come possiamo litigare e insultare gli
altri? Dio è presente anche negli altri e noi vogliamo incontrare Dio.
È così che dovremmo praticare la sua devozione? Stiamo seguendo
il Guru e accettando il suo volere? Se ci chiamiamo suoi discepoli, dobbiamo
accettare quello che ci insegna. Guru Ramdas dice: “Nella corte del Gurumukh
tutti sono considerati uguali”. Lui considera tutti uguali ed elargisce
la grazia del Guru. Finché non considereremo tutti come un’unica
entità, sarà difficile tingere la mente nel Naam.
Anche Kabir Sahib dice: “Lo stesso potere è presente sia nell’uomo
sia nella donna. Perché il mondo li vede come due quando Tu sei lo stesso
potere di controllo in ambedue? Mio Signore, che mistero è questo? Perché
hai creato quest’illusione nel mondo? Si può solo capire mettendola
in pratica e testimoniandola personalmente. Ovunque guardi, vedo solo Te”.
Miei cari, c’è un’enorme differenza tra “il dire”
e “il fare”. “Il dire” significa solo ripetere ciò
che abbiamo sentito dagli altri o abbiamo letto nei libri. “Fare”
significa che per prima cosa agiamo in base alle istruzioni del Maestro e solo
in seguito parliamo. Chi ha portato a termine il lavoro, chi ha ottenuto qualcosa,
ne fa trapelare qualche accenno, ne dà qualche indizio agli altri secondo
gli ordini del Guru pur tenendola al tempo stesso nascosta. Secondo gli ordini
del Satguru dà l’acqua del Satsang. Anche Guru Arjan Dev Ji dice:
“Sono un tubo e farò passare al sangat tutta l’acqua che
tu manderai attraverso il Satsang”. Dunque chi dobbiamo elogiare? Il Guru.
A chi appartiene la grandezza? Al Guru. Il Guru è l’artefice ed
è onnipotente. Può far lavorare chicchessia in qualunque modo
desideri. Abbiamo appena cantato un bhajan di Guru Arjan Dev Ji dal libro di
Sant Ji: “Quando il Guru è compiaciuto, uno ottiene tutte le cose”.
Quando il Guru elargisce la grazia, perdona ogni cosa. E quando perdona ogni
cosa, allora prende dimora dentro di noi. Quando risiede in noi e si prende
cura di noi, dovremmo trarne giovamento per raggiungere la nostra casa. Se resteremo
incatenati nei dubbi e nelle illusioni del mondo, rimarremo qua come spettri.
Il Satguru Ajaib diceva: “Miei cari, finché non facciamo il Simran,
la mente può allontanarci dal sentiero come e quando desidera”.
La mente chiede: “Perché dovremmo fare il Simran?”. Potete
decidere su questa questione quando andate nella corte del Satguru; solo allora
siete salvi. La decima porta è il punto di inizio della corte del Satguru;
solo una volta arrivati lì, possiamo dire di essere salvi. Al di sotto
siamo nella compagnia dei sensi e dunque il nostro lavoro è difficile.
Infatti, fintanto che siamo nella compagnia dei sensi, la mente non è
disposta a tralasciare le passioni e non procede verso il Simran. Quando chiedete
ad un amato quanto Simran sta facendo e quanto amore ha per il Guru, risponde
che non fa proprio nessun Simran. È una cosa triste. Amiamo il Guru o
amiamo le cose materiali del mondo? Se vogliamo amare il Guru, dobbiamo amare
il Simran. Lui ha elargito la grazia e ci ha concesso i cinque santi Nomi. Il
Guru risiede in quei nomi e potremo entrare nell’intimo solo se ameremo
il Guru e il Simran. È difficilissimo entrare nell’intimo se non
amiamo il Simran. Il Satguru Ajaib ha scritto: “O Beneamato, le tue cinque
parole mi hanno liberato”. Il potere del Guru opera in quelle cinque parole
e ci salva dai cinque dacoita, ossia lussuria, ira, avidità, attaccamento
ed egoismo.
Se vogliamo salvarci, dobbiamo fare il Simran, pregare il Guru e chiedergli
di venire in nostro soccorso contro i cinque dacoita. Tutti i Santi e i saggi
hanno cantato le lodi del Guru. Lo implorano e pregano davanti a lui tutto il
giorno e tutta la notte. Anche Guru Nanak Dev Ji ha dichiarato che dobbiamo
ricordarlo in ogni istante. Miei cari, se faremo il Simran per un minuto o due
o per un’ora o due, noteremo che lo abbiamo fatto con la lingua esteriore,
il varnatmak simran. Invece dobbiamo esperimentare il Simran con la lingua del
pensiero, ossia il dhunatmak. Allora una parte della sporcizia della mente scomparirà
e incominceremo a capire più chiaramente. La mente è uno specchio
in cui osserviamo il viso e il corpo. Se lo specchio della mente è pulito
con il Simran, incominciamo a capire con chiarezza. Quando vedremo chiaramente
noi stessi nello specchio, allora incominceremo a capire la condizione del mondo.
Guru Gobind Singh Ji ha scritto: “Sono venuto qui per osservare il dramma
del mondo”. Il mondo intero è come un sogno; non è permanente.
Dovremo lasciare tutto quello che abbiamo preso da qua, come i cinque elementi
(per formare il corpo). Lo scheletro del corpo è composto di cinque elementi,
ossia aria, acqua, fuoco, etere e terra, e Dio stesso risiede in esso. La mente
è proiettata all’esterno.
La mente non è mai entrata interiormente e non ha mai confidato, creduto
nel Guru. Perché non ha mai creduto? Pensa che facendo il Simran, forse
morirà o chissà che cosa le potrà accadere. Il Satguru
Ajaib Singh Ji ha scritto: “Miei cari, se la mente morirà una volta,
porrà fine al ciclo delle ottomilioni quattrocentomila nascite e morti”.
Non c’è nulla da perdere, per lo meno cercate di morire in quel
modo. Se moriremo nello Shabd, raggiungeremo la nostra Casa per sempre. Com’è
possibile andare direttamente alla nostra vera casa? Il corpo non può
venire con noi, per arrivare lì dovremo abbandonarlo. Senza la morte
nessuno è mai arrivato lì e senza la morte non c’è
speranza che nessuno ci arriverà anche in futuro. Il corpo appartiene
a questo mondo mortale e deve rimanere qua.
Il Maestro ci mostra la vera Casa all’interno del corpo e ci parla
dei cinque Shabd.
Ora fissa la tua attenzione nel suono, tralascia questa casa temporanea del
corpo e raggiungi la tua vera Casa.
Swami Ji Maharaj ci dice che ci sono cinque parole e cinque piani; le cinque
parole sono i nomi dei possessori di quei piani. Dio è uno e anche lo
Shabd, che proviene dall’alto, è uno. Quando ci innalziamo, veniamo
a sapere che lo Shabd permea tutti questi cinque piani manifestandosi con diversi
suoni nei vari piani: la campana, la conchiglia, il flauto, la vina (uno strumento
a corde), il tamburo. Queste forme diverse di musica procedono e si possono
udire andando nei piani interiori. Per molti giorni, per molti anni i Santi
e i Mahatma ci hanno parlato a loro modo di questo Shabd Dhun. Con un po’
di pratica possiamo controllare e concentrare la mente, possiamo sentire questo
Shabd o Bani o Suono. Chiamiamolo con qualsiasi nome; finché non entriamo
nell’intimo e non ci uniamo con esso, non otteniamo la pace eterna. Tutti
i nostri dubbi e confusioni saranno rimossi per sempre. Una volta che la mente
incomincia a concentrarsi sul Simran, il lavoro diventa più facile. Il
Guru ci dice: “Miei cari, finché non fate il Simran, non vi liberate
della malattia che è dentro di voi”. Perché? Perché
solo il Simran è efficace. Il Simran agisce come un’arma, trapassa
tutto ciò che capita sulla sua traiettoria come una pallottola. Quell’arma
sopprime i cinque dacoita - lussuria, ira, avidità, attaccamento ed egoismo.
Anche Kabir Sahib dice che a quel punto i cinque dacoita fuggono via. Nel momento
in cui il Simran procede in continuazione nella nostra casa (il corpo), notiamo
che i cinque dacoita se ne vanno nelle sembianze di esseri umani: allora rimane
solo l’anima, che è della stessa essenza di Dio. Il Satguru Ajaib
scrive che a quel punto governa solo il potere dello Shabd; in ogni caso, finché
non metteremo in pratica il Simran, questi cinque spiriti negativi non ci lasceranno.
Una volta c’era un ufficiale di polizia che depose la valigia al deposito
bagagli di una stazione ferroviaria. Diede queste istruzioni: “Tenete
il mio bagaglio dove c’è un ladro”. Così il bagaglio
fu posto dove c’era un ladro, il ladro domandò: “Di chi è
questo bagaglio?”. Udita la risposta, il ladro disse: “Se è
il bagaglio di un poliziotto, prendo le mie cose e me ne vado da questo luogo”.
Similmente, quando l’Onnipotente custodisce lo Shabd in qualche luogo,
i cinque dacoita scompaiono. Il Satguru Ajaib diceva che se un’aquila
va ad appollaiarsi su un albero, tutti i passeri spiccano il volo.
Come possiamo progredire finché non sviluppiamo la brama attraverso il
Simran? Come può il Signore elargirci la grazia quando la mente non vuole
incontrarlo e rimane occupata nei perseguimenti mondani?
Quella casa è inaccessibile e infinita, si trova al di là
della decima porta.
Elevandovi nell’intimo aprite la decima porta e ascoltate il vero Shabd.
In uno dei libri di Sawan Ji Maharaj c’è una storia. All’epoca
di Guru Gobind Singh c’era un discepolo chiamato Bhai Bela. Bhai Bela
venne a stare con il Guru e vide che tutti gli amati facevano qualunque seva
gli venisse proposto. Domandò al Guru di assegnare anche a lui qualche
seva e Guru Gobind Singh gli chiese se sapeva leggere o scrivere, ma il discepolo
disse di no. Allora il Guru chiese che tipo di lavoro facesse e rispose che
poteva accudire ai cavalli. Bhai Bela era una persona ignorante, però
come contadino era un tenace lavoratore e poteva svolgere facilmente quel compito.
Incominciò a vigilare i cavalli con amore, devozione e fede. Possiamo
avere buon esito con il seva solo se abbiamo fede. Come si può fare seva
se la mente nutre dubbi? Sviluppò fede e accudì brillantemente
ai cavalli. Guru Gobind Singh Ji gli disse che ogni giorno gli avrebbe insegnato
la linea di un inno.
Un giorno Guru Gobind Singh Ji stava per uscire per un lavoro urgente quando
si presentò Bhai Bela con queste parole: “Prima di partire, per
favore dammi la frase di oggi”. Allora Guru Sahib rispose: “Bhai
Bela, non riconosci il tempo e la sua importanza”. Gli altri amati si
rendevano conto che il Guru stava andando a combattere e che Bhai Bela non doveva
infastidirlo in quel momento chiedendogli la sua lezione. Ma Bhai Bela memorizzò
le parole del Guru e le ripeté con amore per tutto il giorno come se
fossero le parole della lezione. Tutti gli amati si divertivano e quando Guru
Gobind Singh ritornò, gli chiesero per scherzo: “Oggi hai dato
a Bhai Bela una linea da imparare prima di andartene?”, il Guru rispose
di no. Poi gli spiegarono che Bhai Bela aveva ripetuto come un folle le parole
che il Guru gli aveva detto prima di andare via. Gli altri discepoli pensavano
che avesse perso la ragione. Ma qualunque cosa il Guru ci dica, dovremmo considerarla
un ordine. Quindi il Guru chiamò Bhai Bela e questi gli spiegò:
“Mi hai detto che non riconosco il tempo e la sua importanza”. Lui
disse: “Sì, hai imparato la lezione. Il significato è che
se non apprezziamo questo momento e non lo utilizziamo per la devozione, quando
troveremo tempo per farlo più tardi?”. Anche Guru Nanak Dev Ji
Maharaj dice: “Se continuiamo a pensare al tempo, quando riusciremo mai
a trovarlo per fare il Simran?”. Dobbiamo fare il Simran mentre svolgiamo
il nostro lavoro. Kabir Sahib ha scritto: “Intenti nel lavoro con le mani,
continuiamo a ripetere il Simran con la lingua del pensiero”.
Vi è già stato dato il dono. La decisione è predestinata
ed ha l’autorità di Sach Khand dietro di sé. È deciso
nella corte del Signore se qualcuno avrà fede o no, se mediterà
sul Naam o no. Gli altri amati che circondavano Guru Gobind Singh, si lamentarono
che la corte del Signore era ingiusta, che non c’era giustizia. Il Guru
era ingiusto? Aveva dato lo stesso dono, lo stesso Naam, lo stesso Satsang a
tutti, ma si tratta della nostra mente se acconsente di accettarli o meno. Finché
non acconsente di accettare il dono, rimane coinvolta nei dubbi e nella confusione.
Anche il Satguru Ajaib ha scritto: “Miei cari, ogni giorno ci fanno male
le gambe, a volte la schiena, altre volte le caviglie, e a volte le ginocchia.
Perché non facciamo almeno una volta il Simran correttamente affinché
non dovremo riprovarci più e più volte?”. Ci proviamo a
farlo ancora e ancora perché non lo facciamo in modo appropriato. La
nostra mente è sudicia e non si purifica. Finché non si purifica,
come si può superare il dolore? Il dolore può andar via solo quando
svolgiamo le pratiche per farlo andar via. Ora i vestiti sono molto sporchi;
se non li laviamo, come possono diventare puliti? Il Naam è dentro di
noi e anche la mente è dentro di noi. Finché non rimuoviamo la
sporcizia della mente, come può purificarsi? Dobbiamo eliminare questa
sporcizia con i nostri sforzi. Dobbiamo ricordare il Guru e dobbiamo ripetere
il Simran. Come si può purificare la mente se non facciamo questo? Pensateci
con attenzione.
Meditate sul Naam e completate il vostro viaggio. Anche se praticherete solo
per qualche giorno, riuscirete a progredire su questo sentiero. Ma che cosa
accade? Quando camminiamo su una strada ben segnalata, in vari punti troviamo
indicazioni di quanto abbiamo percorso, quale città troveremo e quanto
è distante. Anche il Guru ci informa del sentiero interiore, ma noi dobbiamo
fare il nostro lavoro e percorrere il sentiero se vogliamo raggiungere la destinazione.
Il Satguru Ajaib ha scritto: “Amati, dovrete riprendere dal punto in cui
avrete lasciato, dunque perché non finite il lavoro ora?”. Questo
è il nostro lavoro, cerchiamo di finirlo ora e ci sentiremo sollevati.
Senza la grazia del Guru e senza l’ascolto dello Shabd, non otterrai
questa cosa.
Ritira l’attenzione ed elevati nel gagan (regione superiore), la tua pratica
è l’ascolto dello Shabd.
Ora che cosa fa la nostra mente? Guarda l’esterno proprio come un occhio.
Anche se Guru Ramdas Ji ha scritto delle meravigliose bellezze interiori, la
mente non crede a questo e non guarda interiormente. La lingua gradisce i sapori
dei cibi, ma se il sapore del cibo è diverso dal normale, in qualche
modo non a nostro piacimento, la mente non vuole mangiare. Le orecchie gradiscono
ascoltare dolcissime voci melodiose; la mente continua a pretendere sempre di
più e non è mai paga. “O uomo, abbandona questa vecchia
malattia, ripeti il Naam del Guru”. Sono passati tanti anni da quando
abbiamo ricevuto il Naam, ma la mente non ha fiducia di quello che c’è
nell’intimo; ha fiducia solo dei piaceri esteriori. Quando invecchiamo,
i nostri desideri aumentano. Miei cari, i desideri non potranno mai essere soddisfatti
o compiuti. Solo il Naam può spegnere il desiderio. Guru Nanak Dev Ji
scrive: “Concedimi il Naam che dà appagamento affinché i
desideri della mente siano adempiuti”. La mente “si alimenta”
(sperimenta) tutto il tempo di cose materiali esteriori; se le capita di “alimentarsi”
del Naam, appaga la propria fame.
Dopo aver sofferto per molte nascite, può conquistare la pace e il sollievo.
La nascita e la morte procurano una grande sofferenza e quel ciclo si è
ripetuto più e più volte. Sehjo Bai dice che la morte è
pari al morso di cinquecento scorpioni e noi sperimentiamo il dolore di mille
scorpioni in un ciclo di nascita e morte. Se questa sofferenza vi spaventa,
allora entrate nel rifugio del Santo dopodiché prendete l’iniziazione
e meditate sul Naam: solo allora vi liberate della sofferenza. Prima del Satsang
è stato cantato il bhajan di Guru Arjan Dev: “Il tuo Naam rimuove
la sofferenza”. Siamo afflitti da così tanta sofferenza e malattia.
Dovremmo meditare giorno e notte senza dimenticare il Maestro mentre facciamo
i nostri ventiquattromila respiri (numero dei respiri di un intero giorno).
La mente è instabile, non rimane calma. Come può essere purificata?
Praticate il Surat Shabd, tralasciate tutti gli altri sforzi.
Ricordate il Signore con ogni respiro affinché le ansietà della
mente scompaiano. Similmente Kabir Sahib ci dice: “Quando andate da un
Santo, mettete da parte l’orgoglio e l’ego”. Afferma che quando
andate da un Santo, dovete tralasciare l’orgoglio, l’ego e l’attaccamento
alla ricchezza. Queste cose hanno intossicato la mente e lei non vuole inchinarsi,
diventare umile. La mente può diventare così facendo il seva,
ripetendo il Simran, ascoltando il Satsang e cantando bhajan. Sono metodi diversi
per ammorbidire la mente e chiunque può praticarli. Aiutano la mente
a incominciare a lavorare interiormente, anziché all’esterno, e
a ripetere facilmente e comodamente il Simran.
Kabir Sahib dice che siamo afflitti dall’ego. Questa malattia “dell’io
e del mio”, di cui soffre la mente, è molto negativa. Solo se ci
libereremo di questa malattia “dell’io e del mio”, rimarranno
“il tu e il tuo”. Questa malattia è un affare in perdita,
curabile solo attraverso il Bhajan e il Simran; altrimenti è impossibile.
La mente è intelligente e inquieta, come possiamo purificarla? Dobbiamo
sforzarci e guadagnare la ricchezza dello Shabd. Kabir Sahib dice: “Il
Signore risiede sopra di noi e vigila ogni cosa. Dà ad ognuno di noi
secondo i nostri atti”.
Sii risoluto nel tuo scopo, non essere pigro, questa è l’essenza
degli insegnamenti dei Santi.
Radhaswami ha rivelato questo segreto e ha spiegato la verità, dovreste
accettarla.
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