Il fuoco della brama
Sadhu Ram Ji

villaggio 4/LM, Rajasthan, 3 aprile 2003



L’uccello chakva non desidera occhi addormentati, senza l’amato perde il sonno.
Quando il sole sorge e vede l’ amato con i propri occhi, allora s’inchina e tocca i suoi piedi.
Solo se compiaccio il Beneamato, l’amore sarà gratificante.


Mi inchino milioni di volte ai piedi del Satguru Sawan Singh Ji Maharaj, Sant Kirpal Singh Ji Maharaj e Sant Ajaib Singh Ji Maharaj. Miei cari, lui ci ha dato l’opportunità di cantare le sue lodi e le lodi del Signore onnipotente. Questo è un breve inno di Guru Nanak Dev Ji in cui cita l’esempio dell’uccello chakva. Il maschio e la femmina non stanno insieme di notte, rimangono separati; si ritrovano al mattino. È come la storia del discepolo e del Guru: quando il discepolo si separa dal Guru, lo ricorda con brama e anela incontrarlo con amore.
Ora è buio quando chiudiamo gli occhi. Guru Nanak Dev Ji ha scritto che è buio nel cuore perché il loto dell’anima si è chiuso, i cinque demoni bevono il nettare e sopraffanno l’anima. Quando il Maestro ci dà la grazia e il Simran, allora con l’aiuto del Simran il loto può aprirsi di nuovo. È proprio come quando avete una brocca rivolta verso il basso. Quando piove, il contenitore non può accogliere acqua. Se è rivolto verso l’alto nella posizione corretta, allora se non è la prima volta, nella seconda o nella terza occasione la pioggia riempirà di nettare il recipiente.
Mira Bai ha scritto che chi è senza un Guru, rimane assettato e chi ha un Guru, assapora le coppe piene di nettare. Miei cari, possiamo avere pace solo dopo aver assaporato il nettare. Finché non assaporiamo il nettare, la mente non si calma. I desideri e le brame per questo mondo rimangono con noi ed aumentano sempre. Continuiamo ad andare da un posto all’altro nel mondo. Ma noi non sviluppiamo fede in nulla né adempiamo i desideri mondani. Il mondo intero si comporta in questo modo. Nessuno ha fede e nessuno è riuscito a spegnere la propria sete. Kabir Sahib scrive che finché l’anima resta nel reame della mente, la mente rimane sotto il controllo dei sensi e i sensi rimangono sotto il controllo dei desideri.
Ora la mente porta l’anima nella direzione verso cui è incline. Kabir Sahib scrive che se l’intelletto è attratto al Signore Onnipotente, allora la mente sviluppa una certa inclinazione al Simran e i sensi saranno orientati a seguire la mente. Quando ciò accade, riusciamo a svolgere correttamente il lavoro. Finché la mente non si assorbe nel Simran, rimane forte e soggioga qualunque cosa, inclusa l’anima. Se la mente si fa coinvolgere nel Simran, ogni cosa si sistema.
Che cosa fanno i Sant Satguru? La mente è ingannevole, a questo livello le abitudini della mente e delle scimmie sono simili. I Satguru uniscono la mente con il Simran; una volta accaduto questo, tutto il resto segue naturalmente e avviene per conto suo. Quando ogni cosa prende il proprio posto, si apre la strada verso la liberazione. Guru Nanak Dev Ji scrive: “La strada che conduce alla liberazione è molto stretta, misura un decimo di un seme di mostarda”. Dunque dobbiamo diventare molto piccoli, un decimo di un seme di mostarda. La mente può diventare piccola solo con l’aiuto del Simran. Kabir Sahib ha scritto che dobbiamo diventare più fini della sezione di un capello e a quel punto troviamo la strada verso la liberazione.
Anche il Satguru Ajaib Singh Ji scrive: “Miei cari, l’amante del Guru rende umile la propria mente”. Sant Ji dice: “Parlate dolcemente e inchinatevi davanti agli altri”. Quando parliamo dolcemente, ci inchiniamo davanti agli altri e ci uniamo al Simran: allora si dispiega davanti a noi un’ampia strada. Kabir Sahib scrive : “Su quel sentiero potete andare e venire facilmente”, è facile andare e venire. La mente è la colpevole, ma una volta unita al Simran, può facilmente trovare la strada verso la liberazione. Finché la mente non accetta e non si unisce allo Shabd, non può incontrare il Signore. Continua a dire: “Io sono l’artefice, io sono intelligente e tutto quello che faccio è corretto”. Finché la mente non rimane disarmata, non può fare il Simran.
Guru Arjan Dev Ji scrive: “Signore Onnipotente, sono venuto e sono caduto alla tua porta, per favore, abbi pietà di me”. Nei suoi scritti Guru Nanak Dev Ji offre questa preghiera al Satguru: “Sono un grande peccatore e Tu sei il perdonatore. Solo tu puoi perdonarmi, ti prego, perdonami. I peccati che ho fatto, sono vasti come l’acqua dell’oceano e quelli sono soltanto i principali. Ho commesso peccati e compiuto azioni negative per così tante nascite che i peccati commessi sono innumerevoli. O Sat Purush Shabd, Tu hai il potere di perdonare quei peccati”. Bulleh Shah scrive che andò dal suo Guru, un arain (un contadino musulmano di bassa casta) e lo pregò, lo implorò: “O Sat Purush, se non avessi commesso alcun peccato o misfatto, chi avresti perdonato? Ho molte qualità negative ed ecco perché prego davanti a te e faccio questa richiesta. O Sat Purush, tu sei il perdonatore. Sono venuto da te e dunque, per favore, perdonami”. Il Naam del Satguru è il perdonatore. Quando il discepolo prega e implora ripetutamente il Satguru, questi perdona il discepolo e gli concede il Naam. Guru Nanak Dev Ji scrive : “Concedici il Naam che dà appagamento, allora i desideri della mente saranno adempiuti”. Il Guru ci insegna il modo per soddisfare la sete della mente. Il Guru ci insegna l’amore, la devozione e la fede. Tulsi Sahib scrive: “Il perdono è la base del virtuoso, il peccato è l’origine dell’ego. O Tulsi, non tralasciare il perdono finché c’è vita nel corpo”.
Ogniqualvolta riceviamo la grazia del Maestro, la mente fa il Simran. Quando la mente rimane all’esterno, non può intonare il vero canto e non può pregare veramente. Quando la mente si attacca ai piedi del Guru, allora può celebrare il vero canto passando attraverso il loto dei mille petali. Perché accade in questo modo? Chi ha unito la propria mente al Satguru – è lui ad averci dato lo Shabd – ha unito la propria mente a Dio onnipotente. Allora Dio onnipotente ascolta le sue preghiere prima ancora che le faccia. Alcuni Mahatma hanno scritto le loro preghiere e altri non lo hanno fatto. Prima di lasciare questo mondo, il Satguru Ajaib ha scritto dei bhajan che sono stati pubblicati in un libro. Miei cari, con la cooperazione della mente leggetene qualcuno e riflettete sul bhajan. Ogni bhajan è pieno di lodi del Guru, ogni bani (inno) è pieno di lodi sulla grandezza del Guru.
Anche Guru Nanak Dev Ji scrive che dovremmo rivolgerci al Guru per tutte le ventiquattro ore del giorno e della notte; non date tempo alla mente di vagare all’esterno. Perché no? Perché la mente è come uno spettro, è un grandissimo fantasma. Una volta il Satguru Ajaib stava camminando per strada con sua madre. La madre suggerì: “Figlio, dovresti sposarti, è la cosa giusta da fare”. Ajaib Singh Ji rispose alla madre: “Cara madre, se trovo qualche uomo mi sposerò”. La madre rispose: “Figlio mio, un uomo non sposa un altro uomo, sposa una donna. Hai dimenticato, la donna sposa un uomo”. Ma tali esseri perfetti hanno così tanto amore e brama per Dio che desiderano incontrarlo e desiderano sposare il Signore Onnipotente. Lo Shabd e l’anima si uniscono in matrimonio e allora il Simran che facciamo, mantiene quel matrimonio. Kabir Sahib dice: “Dopo il matrimonio, ovunque vada l’anima, andrà con il Signore onnipotente”. Le canzoni del matrimonio nelle varie lingue dicono che la moglie andrà con lo sposo. L’anima è scesa dalla propria casa in questo piano della morte e si è persa, ma dopo il matrimonio ritornerà alla propria vera casa – chiamatela Sach Khand, Nami Desh o con qualunque nome desideriate.
L’anima si è perduta qua; non ottiene la giusta comprensione finché non incontra un Guru, che è la Parola incarnata e personificata. Solo dopo essersi unita allo Shabd, può ottenere questa giusta comprensione. Kabir Sahib ha scritto che noi siamo incoscienti e non possiamo vedere finché non otteniamo lo Shabd. Scrive che la nostra mente non coopera perché è cieca, come pure sorda. Non accetta quello che altri le spiegano proprio perché non ha la giusta comprensione ed è sorda; ha ambedue queste debolezze.
Questo punto è spiegato in una storia di Durvasa Muni, il Guru del Signore Krishna. Era un grande rishi e meditava nella foresta. Di solito i bambini sono cattivi fino al momento in cui non frequentano un buon insegnante. Così alcuni bambini della casta yadav camuffarono un ragazzo con gli abiti di donna e legarono un pezzo di ferro al suo stomaco. Andarono da Durvasa Muni e dissero in tono scherzoso: “Chi nascerà dal grembo di questa signora? Un bambino o una bambina?”. Ora se ci prendiamo gioco di qualcuno, se critichiamo qualcuno, che accadrà? Guru Nanak Dev Ji scrive che se critichiamo qualcuno, i nostri buoni atti vengono aggiunti sul suo acconto e gli atti negativi di quella persona vengono trasferiti nel nostro. Così il rishi disse: “Qualunque cosa esca da questo grembo, porrà fine alla vostra dinastia”, li maledisse.
I bambini si resero conto che il rishi li aveva maledetti ed erano molto preoccupati, pensarono: “Ora che cosa dovremmo fare?”. Decisero di slegare quel pezzo di ferro dal ragazzo, ma il rishi aveva praticato la devozione di Dio e quindi non riuscivano a rimuoverlo. Fecero del proprio meglio, però il pezzo di ferro era attaccato allo stomaco del bambino. Che cosa potevano fare? Il rishi li aveva maledetti. Escogitarono un altro modo: andarono sulle rive di un fiume e incominciarono a limare quel pezzo di ferro. Riuscirono a toglierne una buona parte e quindi l’ego penetrò nelle loro menti con questi pensieri: “Che cosa ci può fare la maledizione del rishi? Che male ci può fare il rishi?”. L’ego ha rovinato molto le persone e le ha fatte cadere nell’inferno. Il luogo dove caddero quei fili di ferro, era fertilissimo e dal quel suolo nacque erba molto tagliente e voluminosa. Prendendo quei fili di erba come armi gli yadava combatterono fra di loro e si annientarono (n.d.t. gli yadava tennero una festa di matrimonio sulle rive di quel fiume. Si ubriacarono e incominciarono a litigare. Alla fine, utilizzando quelle lamine d’erba combatterono fra di loro e si tagliarono a pezzi. Sant Ajaib Singh Ji ci dice che, a quanto viene riportato, morirono cinquecentosessantamilioni di yadava in quella battaglia, come risultato di una semplice beffa ai danni di Durvasa Muni; vedere “Le due Vie”, edizione inglese, pagina 93). Perché accadde questo? L’ego può e ci fa fare molte cose per poi suggerirci: “Guarda tutto quello che ti ho fatto fare”.
Che cosa spaventa l’ego? Il Simran spaventa l’ego, l’ego ha paura del Signore. Quando siamo attaccati al Suono celestiale, allora tutti i cinque dacoita – lussuria, ira, avidità, attaccamento ed ego – hanno paura. Questi cinque dacoita saccheggiano il mondo intero e fanno quello che desiderano. Hanno paura solo di quella persona che legge lo Shabd, che canta lo Shabd, che legge gli inni del Guru, che canta in sua lode e fa il Simran datogli dal Guru. Hanno paura e non infastidiscono quella persona. Kabir Sahib scrive che quando il Simran costante del Guru incomincia nel corpo, quei cinque poteri e dacoita se ne allontanano nelle sembianze di esseri umani. Ci informano che se ne stanno andando e noi vediamo che se ne vanno. Quando escono dal corpo, il padrone di casa (l’anima) si sveglia.
Tutti noi stiamo dormendo. Che tipo di sonno è? Bulleh Shah scrive che siamo desti per il mondo, ma siamo addormentati verso Dio. Quando Bulleh Shah andò dal Guru, domandò: “Dimmi il modo per incontrare Dio?”. Bulleh Shah era stato un prete della moschea per quarant’anni, era una persona colta. Così Arain Sahib (n.d.t. Inayat Shah, il Guru di Bulleh Shah apparteneva alla casta arain, quindi Sadhu Ram Ji si riferisce a lui come “Arain Sahib”) pensò: “Se gli parlerò di libri, ci vorrà del tempo, perché non dargli direttamente la conoscenza in un paio di parole affinché abbia subito buon esito?”. In quel momento stava trapiantando delle piantine di cipolle, disse: “Bulleh Shah, qual è la difficoltà nel trovare Dio? Prendi l’attenzione da una parte e trapiantala altrove”. Bulleh Shah era molto saggio, capì le parole del Guru. Per incontrare Dio dobbiamo distogliere la mente dal mondo e volgerla al Simran. Questo può essere espresso in poche parole. Il Guru stava citando l’esempio delle cipolle. Trapiantiamo le piantine di cipolle da una parte all’altra e incominciano a crescere. Ora noi stiamo dormendo, dobbiamo risvegliarci al Simran e al Guru. Il Guru ci ha dato lo Shabd, e noi dobbiamo risvegliarlo.
Kabir Sahib scrive spiegando il modo di vivere delle persone del mondo: “Metà giornata è trascorsa mangiando, l’altra metà dormendo”. Dichiara : “Quando Kabir si sveglia, piange nel vedere come Kal, il potere negativo, arrostisce e divora le jiva che hanno dimenticato il Signore”. In ogni istante nascono nel mondo circa centomila jiva e il Potere Negativo ne divora centoventicinquemila. Il Potere Negativo sta divorando quasi lo stesso numero di jiva che nascono. Il mondo è come una sala di attesa alla stazione dei treni. Dalla stazione arriva e parte lo stesso numero di persone. Questa sala di attesa del mondo non è mai stata chiusa prima né lo può essere ora. Non possiamo chiuderla ora e non lo sarà in futuro. È stata fondata da Dio Onnipotente. Possiamo solo trovare la strada verso Dio mentre viviamo in sala di attesa.
Il Satguru Ajaib ci dava l’esempio di un fantino che porta il cavallo a bere dell’acqua. Un volta era comune usare una ruota idraulica per estrarre l’acqua dal pozzo (il meccanismo era rumoroso). Il fantino voleva abbeverare il cavallo e disse all’operatore della ruota di fermarla (perché il cavallo era spaventato dal rumore). Ma l’operatore spiegò che se frenava la ruota, si fermava anche l’acqua. Allora il cavallo non riusciva a bere e la sete non era appagata. Nello stesso modo, quando facciamo il Simran, diciamo che siamo infastiditi dal rumore e dalle distrazioni che ci circondano. Ma chiunque abbia avuto buon esito nel Simran e nella devozione di Dio Onnipotente, è talmente assorbito nell’amore per il Maestro che tutti i rumori e le distrazioni non lo infastidiscono. Non è mai consapevole delle distrazioni; ogniqualvolta desidera incontrare Dio Onnipotente, può farlo facilmente.
Noi persone desideriamo fama e rinomanza. Cerchiamo di essere intelligenti nel mondo, vogliamo dimostrare al mondo di essere qualcosa. No, miei cari, quest’amore non è da mostrare al mondo. Quest’amore è tra il Guru e il discepolo. Ma che cosa facciamo? Incominciamo a parlarne al mondo. Anziché parlarne agli altri, dobbiamo usare la voce per chiamare il nostro Guru.
Ora se due persone si incontrano durante un viaggio in treno, magari parlano tra di loro con amore e sviluppano un certo rispetto reciproco. Arrivate alla stazione, una persona scende e l’altra continua il viaggio fino alla fermata successiva; i due si salutano. Se si conoscono molto bene, sviluppano amore reciproco, sviluppano fiducia reciproca. Ma il viaggio non è così lungo, dunque come può durare questo amore? Similmente un negoziante può darci gli articoli che desideriamo finché è nel negozio. Se il negoziante non è presente e pone un idolo di sé al suo posto, l’idolo può darci l’articolo che chiediamo? L’adorazione degli idoli è proprio pari a questo. Nell’esercito gli ufficiali, i sottufficiali e gli altri addestrano i soldati e li fanno sfilare in parata. Se facciamo un idolo dell’ufficiale e lo sostituiamo in sua vece, può quell’idolo dare ordini per la parata o insegnare le formazioni? Miei cari, non è possibile. Per fare qualsiasi lavoro occorre una persona in vita, solo una persona viva può insegnare qualunque abilità. Un erudito può insegnare agli altri. Parimenti, un dottore vissuto cinquecento anni fa o mille anni fa, non può darci le medicine poiché non è più vivo. Solo un medico vivente può somministrare una cura che abbia buon esito. Nello stesso modo, se vogliamo educare nostro figlio, un insegnante vissuto cento cinquecento anni fa non può svolgere quel lavoro. Un insegnante di oggi è in grado di insegnare a nostro figlio e di dargli una buona educazione.

Senza di lui non posso vivere in questo mondo
nemmeno per un istante, tale è la mia fame e sete.
Il loto nello stagno sboccia in modo naturale
vedendo i raggi di sole nel cielo.
Tale amore per l’amato è nato nel cuore
al punto che la mia luce si è immersa nella sua.


Guru Nanak Dev Ji cita l’esempio del fiore di loto. Cresce nell’acqua di uno stagno o di un lago. Quando il livello dell’acqua cala, anche lo stelo del loto si abbassa. Nei mesi di sawan e bhadon (n.d.t. i mesi piovosi dei monsoni nel calendario indiano) il gambo cresce e il fiore spunta fuori dall’acqua. Lo stelo rimane nell’acqua e si nutre d’acqua, mentre il fiore cresce sopra e sboccia con il calore del sole. Similmente, i devoti vivono nel mondo e si nutrono come le persone del mondo. Anche i Maestri vivono in questo mondo. Sawan Singh Ji Maharaj venne nel mondo; meditò e annunziò il messaggio della meditazione. Annunziò il messaggio del suo caro Satguru. Se consideriamo che i Guru vivono nel mondo e praticano la devozione, anche noi possiamo unirci al Naam e salvarci dal dolore delle nascite e morti. Anche il Satguru Ajaib Singh Ji proclamò questo messaggio. Disse che il suo Satguru, Sant Kirpal Singh Ji, era venuto nel mondo con un grande potere spirituale e chiunque desiderasse il Naam, poteva meditare ed entrare sotto la sua protezione. Chi può aiutarci a liberarci dall’oceano del mondo? Il Naam e il Guru. Quando il devoto ha amore, quell’oceano dell’amore frantuma tutte le barriere e lo porta dall’altra parte. Solo l’amore ha questa qualità. Mira Bai fu colpita dall’amore, abbandonò ogni cosa e si unì con il Naam. Quando Guru Ravidas la iniziò, la gente la calunniò e la criticò molto. Tante persone abbandonano il sentiero a causa della vergogna pubblica. Spesso veniamo coinvolti nella vergogna pubblica e abbandoniamo la devozione del Maestro, il Naam.
Chiunque dimentichi il Naam, chiunque dimentichi il Guru, non può mai trovare la felicità. Dovremmo pensare a questo con grande attenzione prima di ricevere l’iniziazione al Naam. Una volta ricevuto il Naam, dovremmo amare il Naam e il nostro Guru: allora possiamo liberarci dal dispiacere. Altrimenti chissà se saremo costretti a rinascere un’altra volta o no? La nascita umana è uno stato molto elevato e gode di grande rispetto. Ogni Santo e Mahatma ha proclamato che non c’è nessuna nascita tanto positiva quanto quella umana. Una volta ottenuta quest’opportunità, non possiamo pretendere di ottenerla ancora e ancora. Le benedizioni e la grazia di Sat Purush ci concedono questa nascita. Ci ha dato quest’opportunità affinché praticando la devozione possiamo incontrarlo, diventare come lui e diventare una parte di lui.

Senza l’acqua, l’uccello della luna piange,
“ piyo, piyo!, amato, amato!”, piange e si lamenta.
Le nubi coi tuoni riversano pioggia nelle dieci direzioni;
senza la goccia di pioggia la sua sete non è appagata.


Esiste un uccello chiamato papiha o uccello della pioggia. Non beve l’acqua dei fiumi o dei canali; non beve l’acqua che si raccoglie per terra, beve solo l’acqua della pioggia. Vuole bere solo la goccia swati (n.d.t. gocce di pioggia che cadono quando la luna si trova nel swati nakshatra, la quindicesima casa lunare nel mese di ottobre-novembre). Una volta bevuta quell’acqua piovana, non si sente più assetato per dodici mesi e non berrà l’acqua che trova per terra. Anche Kabir Sahib scrive che una volta un papiha era assetato mentre volava sopra il mare. Chiuse il becco, precipitò e morì. Disse: “Non berrò l’acqua che è venuta dai fiumi e dai canali poiché sarebbe un’onta per la mia casta”. Amici, il Signore Onnipotente ci ha concesso una grazia enorme, ci ha dato il Naam e il Simran. Ha preso dimora dentro di noi nella forma dello Shabd. Lui vigila e pensa: “Come possono progredire i miei discepoli? I cinque mali – ira, lussuria, avidità, ego e attaccamento – li hanno fatto cadere?”. Coloro che serbano lussuria, ira o avidità, non riescono a meditare. Soltanto i coraggiosi meditano dopo aver messo da parte la casta, la razza e altre distinzioni. Infatti la nostra mente incomincia a seguire questi cinque mali, che la allontanano dalla devozione. E quando la mente si allontana dalla devozione, come possiamo essere liberati? La mente deve aiutarci a ottenere la liberazione, ma invece ci allontana. Solo dopo essersi attaccata al Simran, può tralasciare le attività mondane. Se seguiamo i cinque mali, non possiamo praticare la devozione. Per esempio, se abbiamo lussuria, allora l’anima e l’attenzione sono trascinate sotto il centro dell’occhio, mentre noi dobbiamo innalzarci sopra il centro dell’occhio. Dobbiamo andare nei piani superiori, però la lussuria ci fa cadere in basso. Anche l’ira ci trascina verso il basso; una persona iraconda esce di senno. Quando queste passioni ci fanno uscire di senno, che cosa speriamo di ottenere da loro?
Swami Ji Maharaj scrive: “Ho meditato per paura, avevo timore delle nascite e morti. Temevo di non ottenere un’altra nascita umana. Temevo che il Maestro mi chiedesse del progresso in meditazione e allora avrei provato vergogna. Come avrei potuto mostrargli il mio volto o dirgli che non ho meditato?”. Lui è dentro di noi, risiede in noi e osserva. Kabir Sahib scrive: “Il Signore è seduto su un alto piedistallo. Osserva ogni corpo e dà a ognuno secondo i suoi atti”. Se il Guru ci chiede a proposito della nostra condizione, come facciamo a rispondere? Siamo circondati dai cinque ladri. I satsanghi pregano sempre di fronte al Satguru, presentano sempre le loro preghiere dicendo: “Caro Satguru, per favore salvami da questi cinque ladri. Sei l’unico che possa salvarmi, non riesco a difendermi da loro”. Il discepolo fa sempre questa supplica di fronte al suo Shabd Guru.

Il pesce nasce e vive nell’acqua.
Ottiene felicità e dolore secondo i karma passati.
Non può sopravvivere senza l’acqua nemmeno per un istante.
Da essa dipendono la sua vita e morte.


Guru Nanak Dev Ji scrive che il pesce ha un tale amore per l’acqua che se lo separate dall’acqua, muore immediatamente. Guru Arjan Dev Ji scrive che chi ama il Maestro, se lo dimentica anche per una frazione di secondo, avverte una separazione di cinquant’anni. L’amante del Maestro dice: “Se non ottengo il darshan del Maestro, divento come l’ape nera, impazzisco”. Dunque possiamo avere buon esito nella nostra vita solo se serbiamo un simile amore per il Maestro. Una volta un uomo diventò felice e incominciò a elogiare un branco di pecore che stava mangiando erba in lontananza. Qualcuno gli chiese se possedeva degli animali in quel branco e rispose: “No, ma una di quelle pecore appartiene a mio zio”. Vedete, come siamo attaccati a questa locanda del mondo. Chi ci appartiene qua ad eccezione del Maestro? Nessuno. Anche Kabir Sahib scrive: “Nel mondo non esiste nessun donatore pari al Guru. La lussuria e l’ira sono stati imprigionati, anche l’avidità è sotto il suo controllo”. Dice questo perché il Maestro ci dà il dono del Naam. Se raccogliamo tutta la ricchezza dei tre mondi, non è paragonabile al valore del Naam concessoci gratuitamente dal Guru. Questo è l’insegnamento di tutti i Sant Satguru. I Guru che vennero nel passato, diedero il Naam gratuitamente e lo stesso vale per quelli che vengono oggi. Il Naam del Signore supera ogni prezzo eppure viene concesso senza compenso. Gli insegnamenti del Maestro vengono annunciati gratuitamente. Possiamo acquisire con facilità quelle cose che richiedono soldi. Possiamo avere buon esito nella meditazione sul Naam del Signore, che non richiede alcuna spesa. Il ciclo delle nascite e morti finisce, otteniamo la vera felicità e siamo liberati per sempre.
Abbiamo dimenticato il Signore, abbiamo dimenticato il Maestro, abbiamo dimenticato il Simran. Solo il Simran può aiutarci sulla via, solo il Simran può procurarci la felicità. Abbiamo trascurato le cose che ci possono aiutare ad ogni passo - il Simran, il Naam, il Guru.
Come dovremmo ricordarlo? Guru Nanak Dev Ji scrive che dovremmo ricordare il Maestro ventiquattro ore al giorno. Dobbiamo sempre custodire il Maestro davanti a noi. Dovremmo ripetere il Simran per tutte le ventiquattro ore del giorno, poi anche nei sogni vedremo il Maestro. Quando parliamo nel sonno, parliamo del Maestro. Kabir Sahib scrive che se qualcuno ricorda il nome del Signore anche nei sogni, allora è disposto a donare la propria pelle per fare delle scarpe per lui. Non possiamo ripagare la sua grazia e benevolenza nemmeno facendo tutto questo. Il Maestro viene solo per il nostro bene; tutti gli altri fanno le cose unicamente per motivi egoistici. Il mondo intero è imprigionato nell’egoismo. Tutti ci considerano amici finché adempiamo i loro bisogni. Una volta soddisfatto quel bisogno, si allontanano da noi. Ci separiamo dai parenti - madre, padre, fratello, sorella - in questa stessa vita. Il mondo intero è incatenato dall’egoismo, il Guru è privo di egoismo. Dio stesso manda il Guru, il suo caro figlio, solo per il bene delle anime che soffrono nel ciclo delle nascite e morti e bramano incontrarlo.

La moglie è separata dal marito che risiede nel suo paese.
Ma lui manda lo Shabd attraverso il vero Guru.
Lei sviluppa le virtù e adora Dio nel proprio cuore.
Si rallegra praticando la devozione.
Ognuno si lamenta a gran voce: “Beneamato! Beneamato!”.
Ma lo conquista solo chi compiace il Maestro.
Il nostro amato è sempre con coloro che sono veri,
con la sua grazia li unisce a sé.


Miei cari, la mente sta sempre ripetendo il simran di una cosa o l’altra, della proprietà o di qualche macchinario o di figli e figlie o altri tipi di simran. Giorno e notte la mente è continuamente impegnata nel simran. I Sant Satguru ci danno il Simran che hanno loro stessi praticato dopo aver incontrato il Signore Onnipotente con la grazia di Dio e del loro Guru, e ci danno il Naam: allora il simran del mondo viene sradicato. Il Simran elimina il simran. Il Dhyan (contemplazione) elimina il dhyan. Facciamo il simran del mondo, delle cose mondane e pratichiamo il dhyan del mondo. Dunque dobbiamo distogliere l’attenzione dal mondo e rivolgerla a Daswan Dwar (la decima porta), la nostra scuola. I Sant Satguru ci dicono di focalizzarci in Daswan Dwar. Il simran del mondo ha colorato la nostra mente. Quando i Sant Satguru ci danno il Simran sul quale hanno lavorato, il Simran recide il simran e possiamo diventare uno con il Guru. Adesso cita l’esempio dell’oceano e della goccia d’acqua. Quando piove, l’acqua cade a gocce, ma quando questa goccia entra nell’oceano, viene chiamata in quel modo. Similmente, nel momento in cui l’anima incontra Dio Onnipotente e il Guru, e diventa la forma dello Shabd, allora si unisce con il Guru. Kabir Sahib scrive che finché l’anima non incontra il Guru, dice “io, io”, ma una volta incontrato il Guru, “l’io” scompare e rimane solo il “tu, tu”.

Lui è la vita in ogni anima; permea ogni jiva.
Con la grazia del Guru si è manifestato nella mia casa e mi sono assorbito in lui senza sforzo.


Lentamente e fermamente, il mantra del Guru (il Simran dei cinque nomi) e la nostra anima sono diventati uno. Possiamo conseguire qualcosa solo se sacrifichiamo la mente e il corpo, e obbediamo agli ordini del Guru. Quando il Guru prende dimora nella nostra mente, essa si trasforma da corvo in un cigno. Il cigno deve intraprendere una lunga battaglia e può diventare tale solo dopo essersi unito con lo Shabd.

Il Signore, il datore di felicità, si prenderà cura di tutti i tuoi lavori.
Con la grazia del Guru troverai il Beneamato dentro la tua stessa casa.
Allora, o Nanak, il fuoco (della brama) sarà spento.

 

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